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I 70 anni di Gianni Amelio, voce della gente comune e dei dissidi dell’anima

Il regista, da oggi 70enne, nei suoi film ha sempre dato voce alla gente ordinaria, trattando tematiche estremamente delicate come terrorismo, omosessualità, emigrazione, ma anche giudiziarie e storiche, sempre con una partecipazione immensa, talvolta autobiografica. I suoi sono personaggi concreti, che vivono dissidi dell’anima, ma trovano sempre la forza di buttare giù il muro delle che li circonda.
A cura di Ciro Brandi
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Gianni Amelio è uno di quei registi italiani che, nella sua lunga carriera, ha dato voce alla gente ordinaria, trattando tematiche estremamente delicate (terrorismo, omosessualità, emigrazione) ma anche giudiziarie e storiche, sempre con una partecipazione immensa, talvolta autobiografica. I suoi sono personaggi concreti, vivono la vita reale, con tutti i suoi problemi, dissidi dell’anima, ma trovano sempre la forza di reagire, buttando giù il muro delle ipocrisie e delle barriere mentali e politiche che li circondano.

L’infanzia senza il padre

Amelio nasce a San Pietro Magisano, il 20 gennaio 1945. Subito dopo la sua nascita, il padre emigrò in Argentina per lavoro e lui rimase con la madre e la nonna. L’assenza di suo padre sarà una delle costanti in molte opere. Amelio si laurea in filosofia all’Università di Messina, e in seguito comincia ad appassionarsi al cinema, prediligendo le tematiche neorealiste. Giovanissimo, riesce ad entrare nella redazione della rivista “Giovane critica” come critico cinematografico. A soli 20 anni si trasferisce a Roma, dove trova lavoro fino al come operatore e aiuto regista in alcuni film di Gianni Puccini, Vittorio De Seta, Anna Gobbi, Andrea Frezza e Liliana Cavani. Lavora anche per la televisione, dirigendo, dal 1967, servizi per diverse rubriche e collabora in molti caroselli pubblicitari, collaborando con Alfredo Angeli, Enrico Sannia e Giulio Paradisi.

La carriera di regista televisivo

Nel 1970, passa in cabina di regia nei programmi RAI e realizza, per la serie "Film Sperimentali per la TV", la pellicola “La fine del gioco”, a cui fanno seguito nel 1973 “La città del sole”, tratto dall'omonima opera di Tommaso Campanella, e “Bertolucci secondo il cinema” (1976), un documentario sulla lavorazione dal film “Novecento”. Sempre nel 1976 gira “Effetti speciali”, thriller imperniato sul mondo del cinema, mentre due anni dopo dirige il giallo “La morte al lavoro”, tratto dal racconto Il ragno di Hanns H. Ewers, vincitore del premio FIPRESCI al Festival di Locarno, il Gran Premio Speciale della Giuria e il Premio della Critica al Festival di Hyères. Nel 1979 gira quello che è considerato il suo lavoro migliore sul piccolo schermo, “Il piccolo Archimede”, apprezzatissimo dalla critica, che paragonò il suo stile a Visconti. Infine, nel 1983, realizza il suo ultimo lavoro televisivo per Rai 3, “I velieri”, tratto dal racconto omonimo di Anna Banti, per la serie “10 scrittori italiani, 10 registi italiani”.

I grandi film degli anni ’80 e ‘90

Il 1982 è l’anno dell’esordio al cinema. Con il film “Colpire al cuore”, presentato al Festival di Venezia, affronta  lo scottante tema del terrorismo nell'ottica di un rapporto contrastato tra padre e figlio, riscuotenedo il favore della critica. I consensi si confermano nel 1987 con “I ragazzi di via Panisperna”, che racconta le vicende del gruppo di fisici di cui facevano parte, negli anni Trenta, Enrico Fermi ed Edoardo Amaldi. Il film ottenne numerosi riconoscimenti, tra cui il premio per la Miglior sceneggiatura al Festival Europacinema di Bari, il premio per il miglior film al Festival di Abano Terme, e il Premio Valmarana. Nel 1989, il film “Porte aperte”, tratto dal romanzo omonimo di Leonardo Sciascia e interpretato da un fenomenale Gian Maria Volonté,  gli procura una nominationall'Oscar nel 1991. Vince inoltre 4 premi Felix, 2 Nastri d'Argento, 4 David di Donatello e 3 Globi d'Oro assegnati dalla stampa estera in Italia.

Il successo di “Porte aperte” e i film sulla dura realtà sociale

Dopo “Porte aperte”, Amelio sviluppa tematiche legate alla dura realtà sociale. Con il favoloso “Il ladro di bambini”, vince nel 1992 il Premio speciale della giuria al Festival di Cannes e l'European Film Award come miglior film, oltre a 2 Nastri d'Argento, 5 David di Donatello e 5 Ciak d'Oro. “Lamerica” si aggiudica nel 1994 il premio Osella d'Oro alla Mostra del cinema di Venezia, il Premio Pasinetti come miglior film, 2 Nastri d'Argento, 3 David di Donatello e 3 Ciak d'Oro. Quattro anni dopo, l’intenso “Così ridevano”, vince il Leone d'Oro, sempre al Festival di Venezia. Alla 61esima edizione del Festival di Venezia si presenta in concorso con il film “Le chiavi di casa”, tratto dal romanzo di Giuseppe Pontiggia “Nati due volte”, dove affronta il tema di un padre che tenta di stabilire un rapporto col figlio disabile. Pochi mesi dopo viene selezionato come candidato italiano agli Oscar per il miglior film straniero, ma nel gennaio 2005 non rientra nella cinquina dei finalisti. Il mese seguente si aggiudica però il Nastro d'Argento per la miglior regia. Nel 2006 gira “La stella che non c'è”, ispirato al romanzo di Ermanno Rea “La dismissione”, ma liberamente adattato dal regista. La storia, infatti, racconta una specie di odissea che il protagonista, interpretato da Sergio Castellitto, compie in Cina per rintracciare l'acciaieria dismessa dove ha lavorato per quasi una vita. Vuole recapitare a tutti i costi un giunto cardanico agli operai cinesi, un pezzo che manca al meccanismo della siviera, il cesto metallico che serve per colare l'acciaio fuso negli stampi. Senza di quello, infatti, potrebbe verificarsi di nuovo il grave incidente dove ha perso la vita un operaio suo compagno. Il film è stato presentato in concorso al Festival di Venezia 2006.

Gli ultimi anni e il coming out

Nel 2008 viene nominato direttore del Torino Film Festival, carica che ha mantenuto fino alla 30esima edizione, nel 2012. Nel 2011 dirige il profondo “Il primo uomo”, tratto dall'omonimo romanzo (postumo) di Albert Camus per il quale riceve l'Efebo d'Oro – Premio Internazionale Cinema Narrativa, mentre nel 2013 è la volta de “L’Intrepido”, con Antonio Albanese, presentato alla 70esima edizione della Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia. Nel gennaio 2014, Amelio fa coming out, dichiarandosi omosessuale sulle pagine del quotidiano la Repubblica. La tematica è sviluppata nel documentario del 2014, “Felice chi è diverso”, che consiste in una serie di 20 interviste a uomini che raccontano episodi della propria giovinezza, soffermandosi su questioni riguardanti la propria omosessualità. Il titolo è tratto da un verso del poeta Sandro Penna, citato dall'attore Paolo Poli, che compare nel documentario come uno degli intervistati. Il film è stato presentato nella sezione Panorama al Festival internazionale del cinema di Berlino del 2014.

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