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Il Faust di Sokurov entusiasma Venezia, abbiamo il vincitore?

Il film è una sorta di capolavoro pittorico che s’interroga sulla presenza di Dio, sulla corruzione dell’uomo e sulla sua ricerca di appagamento dei propri desideri, sulla morte che si accompagna sempre al bisogno di fede.
A cura di Ciro Brandi
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Photocall del Film Faust   Photocall 68° Mostra del cinema di Venezia

Aleksandr Nikolaevič Sokurov è un regista russo d’innata bravura e senso estetico. Ieri è balzato in testa ai pronostici del Festival grazie al suo ultimo eccezionale film “Faust”, riprendendo l’opera di Goethe, girando il film interamente in tedesco, e mostrandoci un’immagine del Diavolo davvero spaventosa e cruda. Ad intepretare Belzebù è stato chiamato il mimo/coreografo Anton Adasinsiy, modificato nel corpo, reso simile ad un animale viscido, blasfemo e spelacchiato, che cade nell’inganno di Faust, dall’animo molto più machiavellico e diabolico di lui.

Il film è una sorta di capolavoro pittorico che s’interroga sulla presenza di Dio, sulla corruzione dell’uomo e sulla sua ricerca di appagamento dei propri desideri, sulla morte che si accompagna sempre al bisogno di fede. Lo stesso regista dichiara che: “Oggi le anime costano poco, e soprattutto non c' è più nessuno che le voglia comprare. L' unico rimasto a credere in Dio è il diavolo. Di Faust mi interessava ciò che resta tra le righe del capolavoro di Goethe: il suo essere uomo. In carne e ossa, affamato di cibo e di sesso. Vuole la carne fresca della giovanissima Margherita e per averla non bada ai mezzi. Pronto a uccidere, tradire, imbrogliare. Sogna l' onnipotenza, non ha scrupoli né rimorsi. La lotta tra Bene e Male ormai è superata, quel che vale è solo il diritto del più forte. E questo apparenta Faust agli uomini di potere degli altri miei tre film sui dittatori”

Tra le sue prime opere ci sono molti documentari. “Madre e figlio” del 1997, è il suo primo film ad essere acclamato internazionalmente. il più recente “Padre e figlio” (2003), scandalizzò la critica a causa del suo implicito omoerotismo. Tra il primo e il secondo film, il regista  ha prodotto una trilogia su tre personaggi chiave della storia del XX secolo: “Moloch” (1999) su Hitler (Premio per la migliore sceneggiatura a Cannes), “Taurus” (2001) su Lenin, e “Il sole” (2005) sull'imperatore Hirohito. L'autore circa la trilogia ha affermato: «Io non faccio film sui dittatori, ma faccio film su coloro che hanno mostrato una personalità eccezionale rispetto a tutti gli altri. Essi apparivano come coloro in grado di avere il potere decisionale. Ma la fragilità umana e la passione influenzarono le loro azioni più che la loro condizione e le circostanze. Le qualità umane e il carattere sono più importanti di qualsiasi circostanza storica».

Arca russa (2002) è senza dubbio il suo film più importante, esempio grandioso della padronanza tecnica dell'autore. La pellicola è girata al Museo dell'Hermitage, è un unico piano sequenza di 96 minuti, con l'utilizzo contemporaneo di 33 set e circa mille tra attori e comparse.

Abbiamo trovato il vincitore del Leone d’Oro 2011? Non ci resta che aspettare ancora poche ore, sperando che almeno  “Terraferma” e “L’ultimo terrestre” resistano fino alla fine.

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