L’arte di vincere, coraggio e anticonformismo come scelte trionfanti
Pochi giorni fa è arrivata la notizia delle sei candidature ai prossimi Oscar, tra queste quella per il miglior film e il miglior attore protagonista. Ma cosa c’è dietro tutto questo successo?
Sinceramente anche noi avevamo dei pregiudizi prima della visione della pellicola. Temevamo si trattasse del solito film piatto sul riscatto umano attraverso lo sport. Ma c’è molto di più. Il regista Bennett Miller si è basato sul libro “Moneyball: The Art of Winning an Unfair Game” di Michael Lewis, sulla squadra di baseball Oakland Athletics e del loro general manager Billy Bane.
La pellicola si apre proprio Il film si apre alla fine della stagione 2001 degli Oakland Athletics con la loro sconfitta contro i New York Yankees, seguita dalla perdita dei loro giocatori più importanti per fine contratto. Il General Manager, ed ex-giocatore, Billy Beane (Brad Pitt) è contrariato dalla sconfitta e fatica a trovare un modo per rendere la sua squadra competitiva, a cui si uniscono le loro difficoltà finanziarie. Durante una visita ai Cleveland Indians, Beane incontra Peter Brand (Jonah Hill), un giovane laureato in economia a Yale con idee radicali sul come valutare il valore di un giocatore. Beane mette alla prova la teoria di Brand e lo assume come assistente General Manager degli Athletics. Inizialmente gli osservatori della squadra sono sprezzanti e in seguito ostili verso l'approccio sabermetrico (statistico e fatto di cifre) e non tradizionale di Beane nell'osservare i giocatori. Invece che affidarsi all'esperienza e all'intuizione degli osservatori, Brand seleziona giocatori basandosi quasi esclusivamente sulla loro "on base percentage" (OBP), ossia la percentuale che indica il numero delle volte in cui il giocatore conquista una base senza aiuto di penalità, canoni del tutto diversi da quelli messi in pratica fino ad allora. Avranno ragione?
Il film di Miller è stato presentato all’ultimo Toronto Film Festival e ha aperto il Torino Film Festival del 2011, suscitando ottime critiche, proprio per il fatto di non essere il solito film sportivo. La storia degli Oaklan Athetics è quasi un pretesto per rappresentare alcune dinamiche strambe e conformiste della società americana, ancorata a concetti vecchi e aleatori, invece di badare al concreto.
Il personaggio di Billy Beane, interpretato da Brad Pitt (in veste anche di produttore) incarna perfettamente la figura dell’uomo sconfitto e che vuole risorgere dalle proprie ceneri, di quello che non si è dato mai per vinto anche quando tutti sono stati contro di lui. Masticatore perenne di noccioline, sempre giovane, in combutta con la figlia adolescente e con una squadra da risollevare, Beane trova in Brand la forza di “confrontarsi”, di esprimere veramente quello che pensa, di seguire un sentiero cercato e mai trovato prima, potendo contare su una sceneggiatura a cinque stelle scritta da Aaron Sorkin e Steven Zaillian. Non annoia, coinvolge anche chi del baseball non capisce nulla e, soprattutto, tutti gli elementi – fotografia, sceneggiatura, tecnica registica e musiche – sono stati curati in maniera maniacale. Lo noteranno anche i non cinefili.
E’ veramente difficile fare un pronostico per i prossimi Oscar, ma almeno 2 li meriterebbe.
Voto: 8