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Opinioni

Perfetti sconosciuti, il trionfo della ‘commedia contaminata’

A partire dalla cena di 7 amici il nuovo film di Paolo Genovese unisce il divertimento del cinema più piacevole alle idee e alla gran tecnica di quello più serio. Un film diverso dal solito, una commedia contaminata d’altro, assemblata con ammirabile ambizione.
A cura di Gabriele Niola
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Abbandonate le storie spensierate, le trame rose e fiori e le commedie in cui i problemi non sono mai davvero tali, Paolo Genovese ha girato un film sorprendente. Nessuno si aspettava dal suo Perfetti sconosciuti il rigore, la tensione, l’umorismo e la decisione con la quale affronta un obiettivo per nulla banale o scontato. In questo film, in cui 7 amici si ritrovano a cena e per gioco decidono che per tutta la sera ognuno risponderà al cellulare solo in vivavoce e leggerà a voce alta qualsiasi messaggio riceva, c’è il segreto dei film più sofisticati, unito alle tecniche del cinema più commerciale.

Conquistando prima una buona parte della critica e poi anche una gran parte del pubblico, Perfetti sconosciuti è diventato un caso. Film simili gli americani li chiamano “crossover”, quelli che partono per essere rivolti ad un certo tipo di pubblico e riescono poi a conquistarne anche un altro, diverso, aprendosi ad incassi molto superiori. In questo caso al di certo non esiguo pubblico delle commedie italiane sembra si stia affiancando quello più di nicchia e appassionato. Il merito va diviso tra gli 8 protagonisti di Perfetti sconosciuti, ovvero i 7 attori più il regista.

Il grande cast di attori molto noti e amati non è una novità per Genovese, i suoi successi più grandi (ovvero Immaturi e Immaturi – Il viaggio) partono da lì, da un buon numero di volti in grado di attirare pubblico e poi trattenerlo con storielle dolci e patinate. In Perfetti sconosciuti però c’è un’idea più alta del solito. I segreti che i 7 amici sono costretti a svelarsi partono per essere le consuete scappatelle, le piccole infedeltà o i problemi con i figli e lentamente diventano altro, diventano il simbolo di disagi sociali e umani più profondi. Dai soliti difetti di uomini e donne delle commedie italiane questa volta il film tira fuori di più, un piccolo salto in avanti che sta diventando un tesoro di incassi. Non sarebbe male se una commedia con la testa, girata bene e interpretata ottimamente, sfondasse (come sembra farà) il muro dei 10 milioni di euro di incasso, cifra che nel nostro paese certifica il grande successo.

Certo non tutto funziona nel film, la lunga serata di rivelazioni, odi, risate e ancora attacchi è vissuta in parallelo ad un’eclisse lunare, fastidiosa metafora sognante, ma voler insistere sulle componenti che meno scorrono del film sarebbe ingiusto nei confronti di una sceneggiatura e soprattutto di una regia da promuovere. Nato con uno svolgimento più canonico, pensato per essere ambientato lungo diversi giorni, Perfetti sconosciuti è poi diventato in fase di scrittura un film tutto in una sera, una lunga carneficina domestica perpetrata tra persone che si vogliono bene. Un’opera che, caso raro, tiene quasi tutti i suoi personaggi in scena in ogni momento e usa la composizione delle inquadrature per avere nello stesso fotogramma dramma e commedia.

Nel film infatti il progetto di unire alto e basso sembra programmatico già a partire dal casting, che accoppia un volto amatissimo come Marco Giallini ad uno da cinema d’autore come Kasia Smutniak, il re della commedia meno impegnata, Edoardo Leo, alla nostra attrice più presente ai festival internazionali, cioè Alba Rohrwacher. Ma anche l’idea di affidare un personaggio molto serio ad un’attrice diventata nota per ruoli brillanti come Anna Foglietta e affiancarle poi Valerio Mastandrea, forse la maschera comica più drammatica che abbiamo oggi, e poi ancora di avere come unico “scoppiato” della serata un gigante della recitazione come Giuseppe Battiston, sono tutti dettagli che già sulla carta raccontano un film diverso dal solito, una commedia contaminata d’altro, assemblata con ammirabile ambizione.

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