Pif: “Le risate del mio film non offendono la tragedia” (INTERVISTA)
Pif a Napoli per la proiezione del suo film "La mafia uccide solo d'estate" al Cinema Modernissimo. Un evento molto atteso dai fan partenopei, che sono accorsi ad applaudirlo e a complimentarsi nonostante nella stessa serata ci fosse una partita decisiva del Napoli allo stadio San Paolo. Niente li ha fermati, hanno riempito la sala e omaggiato Pif con una standing ovation, di fronte alla quale lui stesso è rimasto basito. Fanpage lo ha raggiunto la mattina seguente nel suo hotel nel centro storico di Napoli, lì dove ti ritrovi a passeggiare tra il profumo di caffé e quello del bucato appena steso. I saluti sono piacevoli, sebbene Pif appaia decisamente provato dal calore che la gente gli ha mostrato la sera prima e dal fascino gastronomico della città, che l'ha rapito e "devastato" allo stesso tempo (complice l'abbondante cena conclusa nel cuore della notte).
L'intervista prende il via in modo quasi naturale, come se la chiacchierata fino ad allora intrattenuta non fosse stata interrotta da un ciak. Parliamo della promozione del film che ha toccato le città principali d'Italia e fatto tappa al Torino Film Festival, ottenendo anche il Premio del pubblico; parliamo della sua "ossessione" per Andreotti, che lo accompagna sin da piccolo e che è stata riversata nell'esistenza cinematografica del piccolo Arturo; parliamo di Pif e di Pierfrancesco, due identità apparentemente distinte ma profondamente legate al senso di appartenenza verso il lavoro dell'autore, la professione che sembra prevalere su quella dell'attore, del regista e del conduttore televisivo.
C'è posto per qualche battuta leggera sulla sua vita da "famoso", derivata soprattutto dalla forte visibilità acquisita con Le Iene), grazie alla quale scopriamo che il Diliberto non è un "vizioso" e beve solo acqua liscia, aspetto che lo porta ad autodefinirsi una "persona noiosa", sebbene compensi ampiamente con il cibo, altra sua grande passione. Ci congediamo con un commento sull'amico Roberto Saviano, dal quale ha ricevuto l'elogio più grande per la capacità di raccontare la mafia in modo scanzonato, quasi ironico. "È stata l'ironia il vero rischio", ha precisato allora Pif, "ho rischiato di offendere qualcuno con le risate del mio film. Ora però pare che l'abbiamo superato". Perché è vero, con "La mafia uccide solo d'estate" si ride, ma ogni singolo sorriso scivola in parallelo con ogni singola smorfia di dolore: sono due linee continue, destinate a volte solo a sfiorarsi senza provocare disagio.
E allora complimenti a Pierfrancesco Diliberto e al suo film, che fa ridere, piangere ed emozionare, frutto di un duro lavoro dietro la macchina da presa destinato, a quanto pare, a proseguire ancora per molto.