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“Ridendo e scherzando”, il documentario di Paola e Silvia Scola in ricordo di papà Ettore

L’1 e il 2 febbraio arriverà nelle nostre sale il documentario, scritto e diretto, dalle sorelle Scola, figlie del grande maestro del cinema italiano, scomparso il 19 gennaio. L’opera è una sorta di amarcord della sua carriera, un viaggio che parte dal 1964 e va avanti per 50 anni, attraversando il meglio della storia del nostro cinema. L’unico “estraneo” ammesso alla sua corte è Pif, intervistatore d’eccezione.
A cura di Ciro Brandi
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Il 19 gennaio scorso, si è spento uno dei massimi esponenti del cinema italiano e mondiale, il maestro Ettore Scola. Uno dei migliori tributi e omaggi per ricordarlo viene dalle sue due figlie, Paola e Silvia, che hanno scritto e diretto il documentario “Ridendo e scherzando”. La fantastica opera, prodotta da Palomar e Surf Film, è stata presentata lo scorso ottobre alla Festa del Cinema di Roma e arriverà nelle sale italiane, solo l'1 e il 2 febbraio, grazie a 01 Distribution.

L’intento di Silvia e Paola Scola: “Parla di cose serie, facendo ridere”

“Ridendo e scherzando” rappresenta qualcosa di veramente unico e assolutamente imperdibile, dato che è stato girato dalle figlie del maestro, quindi da persone che lo conoscevano a fondo. Il documentario è una sorta di amarcord della sua carriera, un viaggio che parte dal 1964 e va avanti per 50 anni, attraversando il meglio della storia del nostro cinema, regalandoci pellicole cult e immortali come “C’eravamo tanto amati”(1974), “Brutti, sporchi e cattivi”(1976), “Una giornata particolare”(1977), “La terrazza”(1980), “La famiglia”(1987) e “Che ora è”(1989). E’ un ritratto artistico e umano di Scola, realizzato con materiali di repertorio, clip tratte dai suoi capolavori, immagini dei backstage, foto di famiglia e interviste realizzate dal maestro, senza, però, mai ricorrere a testimonianze di altre persone. L’unico "estraneo" ammesso alla corte di Scola è stato Pif, che nel documentario, è con il maestro nel Cinema dei Piccoli a Villa Borghese, e lo intervista con la sua godibile e irriverente ironia. Le figlie hanno dichiarato di aver voluto parlare di cose serie ed autentiche, facendo ridere, proprio come faceva il padre col suo cinema:

L'intento è stato quello di fare un documentario da ridere. Raccontare Ettore Scola – regista, sceneggiatore, disegnatore, umorista, intellettuale, militante – cercando di usare la sua chiave, quella del suo cinema: parlare cioè di cose serie senza farsene accorgere, facendo ridere. Abbiamo voluto raccontare nostro padre unicamente attraverso le interviste che ha rilasciato nel corso della sua vita, i brani dei suoi film, e quello che ci ha voluto dire ‘dal vivo', senza dover ricorrere mai a interviste ad altri che parlino di lui. Una sorta di auto-racconto, che lui mai avrebbe fatto dati la sua timidezza, il pudore e il disagio a parlare di sé, ma che abbiamo potuto fare noi che lo conosciamo abbastanza da poterlo sia celebrare che prendere un po' in giro. A fronteggiarlo al posto nostro c'è un giovane attore e regista, Pierfancesco Diliberto, Pif, che lo accompagna nel percorso che abbiamo tracciato per raccontarlo: un nostro alter ego che a seconda delle necessità fa da intervistatore, narratore, lettore, agiografo, guida, spalla… e all'occorrenza, anche da badante.

Pif: “Sarebbe stato bello se lo avessi conosciuto prima, in piena attività”

Naturalmente, per Pif è stata un’emozione enorme e senza precedenti poter intervistare un pilastro del cinema italiano. Il conduttore, attore e regista de “La mafia uccide solo d’estate”, pluripremiato gioiellino del 2013, ha, infatti, dichiarato:

Quando lo sentivo parlare, ogni tanto, pensavo a quanto sarebbe stato bello se lo avessi conosciuto prima, in piena attività. Io non ho solo una ovvia stima professionale per Scola, ma anche umana. Penso che appartenga ad una generazione che ha fatto resistenza a tutto lo schifo che questo paese abbia mai prodotto. E, quindi, in qualche modo ci abbia salvato. E in più, lo ha fatto col sorriso, come solo i cazzari veri sanno fare. Di quelli che quando li vedi pensi: meno male che almeno ci sono loro, meno male che c’è qualcuno che mi rappresenta. Nel mio piccolo, con tutti i miei limiti intellettuali, vorrei continuare idealmente il loro lavoro.

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