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Schwarzenegger è l’unico motivo per cui vedere Terminator Genisys

In un film che ha perso tutte le caratteristiche originali dei primi due capitoli, rimane solo l’ex governatore a valere il prezzo del biglietto, l’unico ad incarnare ancora quello spirito.
A cura di Gabriele Niola
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Lui è eterno. Ha attraversato la saga sia davvero, nel 1984 da giovane nel primo film fino ad ora a 68 anni nel quinto e (non) ultimo della serie, sia per finta in Terminator Genisys. Nel film in uscita oggi infatti vediamo Arnold Schwarzenegger com’è ora e ringiovanito al digitale, è un vecchio T-800 e contemporaneamente anche un nuovo modello (in un momento paradossale Arnie vecchio e Arnie giovane si scontreranno). L’ex governatore domina un film che non è esattamente centrato su di lui, chi ha deciso di far ripartire da zero la saga, cambiandola molto, non ha puntato su di lui ma su Emilia Clarke e Jai Courtney, rispettivamente Sarah Connor e Kyle Reese, chiamati ad essere i protagonisti anche dei prossimi film che avranno origine dal probabile successo di questo.

Eppure in tutto questo film nel quale la mitologia di Terminator viene rivista da capo, la storia brilla unicamente quando in campo entra lui, sia in versione reale che (paradosso!) in quella digitale giovane. I primi due storici film della serie infatti hanno resistito tutti questi anni e ancora oggi sono dei capolavori di tensione, ritmo e fantascienza proprio grazie a lui, alla maniera in cui, diretto da James Cameron, Schwarzenegger si faceva immagine e rappresentazione dell’inumano nella lotta tra uomini e macchine. È stato prima inarrestabile portatore di morte con il quale non si può parlare nè ragionare che non si ferma nemmeno quando è fatto a pezzi e poi aiutante impassibile ma sempre “altro”, sempre lontano e distante dagli uomini con cui collabora, motivo per il quale non smette mai di ricordare a Sarah Connor, con la sua sola presenza, l’apocalisse che li attende. Adesso invece, nelle mani del nuovo regista Alan Taylor, Schwarzenegger diventa simpatico padre adottivo di Sarah Connor, pronto alla battuta, autodefinitosi “vecchio ma non obsoleto” e esplicitamente dotato di sentimenti, insomma totalmente integrato tra gli uomini.

Proprio questo nuovo punto di vista, più leggero e scanzonato, è quello che ammazza il film. Terminator Genisys non ha più nessuna delle caratteristiche che rendevano i primi film unici e diversi dagli altri, vuole essere un filmone d’azione con grandi scene, molti botti e molte botte come tanti altri, uno in cui una squadra di buoni si contrappone ad una di cattivi. Nulla di più. La trama mira ad ingarbugliare le acque che conosciamo: quando Kyle Reese viene mandato indietro nel tempo dal futuro per proteggere Sarah Connor (come avviene nel primo film) trova un 1984 diverso da quello che si aspetta, qualcosa è successo, Sarah già sa tutto e già è la guerriera che abbiamo conosciuto nel secondo film, poichè un altro Terminator (sempre un T-800, quindi sempre Schwarzenegger) è andato a trovarla 11 anni prima per salvarla da una minaccia che ha ucciso i suoi genitori e da quel momento l’ha cresciuta come un padre robotico, spiegandole tutto quel che sarebbe successo. Per effetto di questo Skynet non si attiva più nel 1997 come ricordavamo, ma nel 2017, anno in cui il sistema che comanderà le macchine somiglia più a Google. Dal 1973, quand’è giovane, fino al 2017 il T-800 invecchia (perchè la carne che lo riveste deperisce) attraversando gli anni realmente mentre gli altri li saltano viaggiando avanti nel tempo.

In poche parole bisogna dimenticare quel che già si sa, la saga riparte, anche se chi conosce bene i primi due film troverà in Terminator Genisys una valanga di piccoli omaggi e citazioni (dall’inseguimento tra camion e Harley Davidson, alle sequenze di “arrivo” nel 1984 copiate pari pari, fino agli arsenali d’armi uguali a quelli di Terminator 2 o frasi iconiche come “Vieni con me se vuoi vivere”). Purtroppo la nuova versione, più generica, all’acqua di rose e blanda del mito della guerra tra uomini e macchine non solo non è all’altezza dell’originale ma sceglie la strada meno originale. Per questo ad ogni occhiata seria di Arnold Schwarzenegger, in ogni momento in cui il “suo” T-800 smette di fare il simpatico paparino ma sembra tornare ai fasti di quando incarnava (letteralmente) l’altro da noi in mezzo a noi, ovvero lo spavento e il terrore di qualcosa che non risponde alle logiche umane ed è incaricato di distruggere gli uomini, il film ci ricorda che possono cambiare epoche, tendenze, mode e generi, ma Arnold Schwarzenegger rimane Arnold Schwarzenegger: una delle più grandi presenze del cinema contemporaneo.

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