In Senza Lucio c’è tutto di Lucio Dalla tranne la sua voce, del resto della musica si era ampiamente stufato. Tra canzoni reinterpretate da altri, testimonianze, fotografie e racconti quello che esce dal documentario di Mario Sesti presentato al Torino Film Festival, è una versione decisamente più vasta e personale dell’artista noto come cantautore ma appassionato di molto altro. Perché la verità è che era chiaro a chiunque gli fosse vicino che Lucio Dalla si era rotto della musica, almeno della sua, “forse non lo avrebbe mai detto pubblicamente” spiega Sesti, ma la produzione, l’arte, il cinema, la fotografia e tutto ciò che girava intorno ai suoi molti interessi lo appassionavano di più “addirittura era felicissimo quando lo invitavo a partecipare ad un festival di cinema a Pantelleria!”.
Senza Lucio, che uscirà in sala in concomitanza all’anniversario della morte quindi tra Febbraio e Marzo, racconta in poco più di un’ora e mezza tutto quello che non era noto di Dalla scartando tutto quello che si sapeva già. Non si trovano le testimonianze che ci si aspetterebbe di trovare (non c’è Francesco De Gregori o Gianni Morandi con cui aveva molto collaborato ma Renzo Arbore, le cui madri erano amiche fin da quando loro erano piccoli) e una valanga di altre tra le più disparate (Paolo Nutini, un insospettabile fan, che già a Sanremo aveva cantato Caruso) e le meno usuali per un documentario (alcuni illustri sconosciuti che lo frequentavano nei suoi lunghi periodi in Puglia) i quali, in un profluvio di bugie e leggende ampiamente alimentate da Lucio stesso, raccontano le parti meno celebrate della sua personalità.
Lucio Dalla che toccando uno sconosciuto sapeva dire quando era nato o se avesse avuto incidenti, la serie di racconti intorno al padre scomparso prematuramente ma che si racconta fosse un clandestino, gli insospettabili progetti, tutto è introdotto dalla voce di Marco Alemanno, suo ultimo compagno, che mette in chiaro i presupposti fondamentali del mondo extramusicale di Lucio e spiega molto di quello che poi nel resto del documentario verrà confuso dagli altri. Grande amante del cinema e del più popolare, Lucio Dalla citava Il gladiatore come una delle punte più alte del cinema d’intrattenimento e rivedeva spesso la trilogia di Il signore degli anelli oltre ad essere grande fan di Guerre stellari.
Come si vede nella clip che presentiamo in esclusiva la curiosità di Dalla emerge in molti aneddoti di chi lo conosceva privatamente ma anche di chi, come Stefano DiBattista (forse il più grande sassofonista italiano del momento) ci ha lavorato e si è appassionato alla sua musica. Che gli piacesse il jazz era cosa nota ma come lo usasse, lo piegasse nei suoi concerti e cosa chiedesse ai suoi musicisti sono dettagli totalmente inediti. Ma non c'è solo DiBattista, oltre ai critici musicali Ernesto Assante e Gino Castaldo raccontano la loro passione per Dalla, anche John Turturro, Charles Aznavour o i Marta sui tubi portando un punto di vista strano, diverso e lontano dal nostro modo di ricordare e vivere la sua musica.