Spike Lee attacca la politica: “Salvini e Trump demonizzano gli immigrati per poi liberarsene”
Quando si parla di cinema, in un modo o nell'altro, la politica spesso tende a essere inclusa. L'arte può fungere da strumento per far emergere le disuguaglianze e le problematiche sociali, che comprendono anche quelle di natura politica. Un regista come Spike Lee ne è pienamente consapevole. Arrivato alla Mostra del Cinema di Venezia e presente alla conferenza stampa del film del suo pupillo, Nate Parker, che al Lido ha presentato il suo film "American Skin" di cui è produttore, non ha esitato a parlare delle nefandezze della politica americana, ma non solo, dal momento che nel suo discorso è stato coinvolto, con toni aspri, anche Matteo Salvini, sul quale si era già espresso in passato.
Spike Lee contro Matteo Salvini
Un attacco politico in piena regola quello di Spike Lee alla Mostra del Cinema. Non si risparmia, il regista americano, nel commentare in maniera affatto pacata ciò che ritiene debba essere cambiato non solo nel suo Paese, ma anche in Italia. Mentre Trump non è mai citato con nome e cognome, preferendo addirittura fare riferimento a lui con ‘il tizio degli Stati Uniti', Matteo Salvini è chiamato in causa rispetto al fatto che non è più Ministro degli Interni e per il fatto di avere in comune con il Presidente degli Stati Uniti lo stesso modus operandi discriminatorio:
Beh mi è stato detto che Salvini non ha più il ruolo che ricopriva lo scorso anno nel governo italiano, lui e il tizio degli Stati Uniti sono un fenomeno delle destre globali. Ogni volta che devono galvanizzare i loro fan, provano a separare le persone, cercare un capro espiatorio. E dicono: ‘questa persona, e quest’altra persona, gli ebrei sono il motivo per cui qualcosa accade, e adesso sono gli immigrati, i messicani sono tutti spacciatori, stupratori, assassini’. Per fare in modo che le persone siano divise bisogna prendere qualcuno che funga da capro espiatorio e per liberarsene lo si deve demonizzare.
Il duro attacco a Donald Trump
L'immigrazione e la conseguente discriminazione che potrebbe derivarne sono temi particolarmente cari al cineasta, che porta con orgoglio sul suo immancabile cappellino da baseball, una data significativa per la storia americana: il 1619 quando furono portati i primi schiavi neri in Virginia. La schiavitù e le vessazioni subite per decenni dagli uomini e le donne di colore non sono studiate nelle scuole degli Stati Uniti, afferma Spike Lee. Sebbene queste tragedie debbano essere ricordate e approfondite, affinché si eviti una caduta rovinosa verso la barbarie sociale, con l'arrivo di Trump, valori come la tolleranza e l'umanità stanno perdendo lentamente vigore, come dichiara lo stesso regista, ricordando la crudeltà delle scelte politiche messe in atto dal "leader del mondo libero":
Quell’uomo ha fatto tante cose malefiche ma la peggiore è aver strappato i bambini urlanti dalle braccia delle madri, per poi rinchiuderli in delle gabbie. E nulla è stato fatto per far si che le famiglie potessero riunirsi” ha spiegato, alludendo alle separazioni delle famiglie di migranti al confine con il Messico. Tutto questo in un Paese “che si presume essere o si ritiene sia la culla della democrazia, il cui presidente dovrebbe venire considerato il leader del mondo libero. Invece ha messo in gabbia le persone.