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Opinioni

Spopola lo Hijab Porn, il porno con il velo: l’ipocrisia di un mercato già attivo da tempo

Sono film occidentali, realizzati in America, ma con pornostar di origini mediorientali e coinvolgono sempre i veli imposti dalla religione islamica. Da Mia Khalifa al recente “Women od Middle East”, in pochi mesi hanno cambiato l’equilibrio dell’industria mondiale e svelato diverse ipocrisie, tra le quali la più evidente insita nella convinzione che i paesi musulmani fossero reticenti al porno.
A cura di Gabriele Niola
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Una ragazza di 21 anni di chiare origini mediorientali che vive in America, porta a casa dalla sua famiglia, non propriamente progressista, un ragazzo chiaramente caucasico, un biker. Lei non indossa il tipico velo musulmano, l’hijab, ma lo mette appositamente prima di entrare. In casa c’è solo una zia (anch’essa velata) che vede tutto dallo spioncino e la sua reazione non è delle migliori. Costretti a discutere del problema a tavola i due fidanzati ricevono una predica e lei viene pregata di lasciarlo, nonostante a più riprese dichiari di amarlo e di voler stare con lui. A questo punto la zia decide di parlare al ragazzo in privato, per pregarlo di lasciarla, dopo un paio di battute però, compreso come lui sia attratto dalla ragazza si risente del fatto che l’uomo non sia attratto anche da lei, in un colpo di scena repentino e insensato come solo il porno sa regalare, si spoglia e fanno sesso. Seguirà un rapporto a tre in cui zia e nipote fanno a gara quanto a prestazioni. Con e senza velo.

I paesi musulmani tra i maggiori consumatori di porno

È la trama di "Mia Khalifa is Cumming to Dinner", il primo film porno frutto di una produzione professionale (la BangBros un nome, un programma) a mostrare pornodive con l’hijab. È uscito lo scorso Novembre e ha cambiato la faccia dell’industria. Mia Khalifa, una delle due protagoniste (la teen, l’altra è la MILF), è passata da una notorietà medio-bassa ad essere il nome più cercato su PornHub, scalzando Lisa Ann, e i film con donne velate sono cominciati ad essere un genere vero e proprio. Non è infatti difficile immaginare come in paesi in cui la cultura del sesso sia bandita in realtà esista un ipocrita consumo di pornografia molto alto, secondo i dati di Google tra i 10 paesi che più di tutti consumano porno online al mondo, 8 sono di religione musulmana (in ordine: Pakistan, il primo del pianeta, Egitto, Iran, Marocco, Arabia Saudita e Turchia). Sono milioni di utenti "costretti" a guardare porno con donne caucasiche in situazioni occidentali e che per avere qualcosa di più vicino a loro si affidano a produzioni locali amatoriali veicolate tramite mezzi più riservati come Vine o Snapchat.

Mia Khalifa è libanese e il suo gesto di indossare un velo in un porno le è costato non poco odio, messaggi di morte, l’ennesimo rinnego da parte della famiglia, che già aveva smesso di avere contatti con lei dopo aver scoperto che aveva un ragazzo occidentale e il mestiere che faceva, ma ha cambiato qualcosa. Nonostante Mia sia più intelligente di quello che i suoi film lasciano emergere, lo stesso il mondo non lo è, eppure alle accuse e agli insulti lei risponde dicendo che “i film di Hollywood dipingono i musulmani in una maniera molto peggiore di qualsiasi cosa la BangBros possa produrre”. Inappuntabile.

Solo un pugno di mesi dopo è uscito "Fantasy Massage" in cui Chloe Amour (una donna texana) si presenta come proveniente da Dubai e in Aprile "Cream Filled Middle Eastern Beauty" cerca di promettere lo stesso. In pochi mesi insomma l’industria si è accorta che c’è tutto un settore di mercato da soddisfare e si è mossa per farlo.

La trama di "Women od Middle East" per la regia di  Kelly Madison

Il vero colpo però è venuto pochi giorni fa con l’uscita di "Women of the Middle East", titolo tanto semplice quanto essenziale, un film porno ad episodi in cui 4 donne fanno sesso con il medesimo uomo, in 4 situazioni diverse indossando a turni l’hijab, il niqab (un velo un po’ più coprente che lascia però liberi gli occhi) e il burqa. La differenza con gli altri film è che in questo caso il velo è un tabù da distruggere e che le 4 donne sono tutte mediorientali in situazioni che simulano l’ambientazione mediorientale. A concepirlo è stata una donna, Kelly Madison, la quale intendeva prendere di petto la questione (ma non per fini sociali, ovviamente per soldi). Il suo film infatti inizia con un cartello che condanna l’uso di qualsiasi velo come uno strumento di repressione sessuale e una violazione dei diritti umani delle donne. In tre dei quattro episodi che seguono, le donne sono quasi sempre sottomesse e lentamente nell’atto sessuale si liberano del velo. A volte finiscono bene, altre volte meno bene. In alcuni casi sembrano soddisfatte, in altri no.

In uno una moglie repressa e maltrattata in casa osa prendere la macchina e viene “punita” dal marito con una lunga prestazione alla fine della quale, terminato l’atto sessuale, dovrà stimolare da sè il proprio piacere in assenza dell’uomo che è andato a controllare per l’appunto il veicolo. In un altro un uomo d’affari occidentale in un hotel riceve la visita di una prostituta con il burqa e letteralmente rompe l’abito nel corso dell’atto sessuale finendo per liberare quel corpo nudo e mandarla via senza niente addosso, nel corridoio dell'hotel. Un altro ancora è una scena quasi romantica in una tenda tra un berbero, più simile ad un irlandese che ad un uomo mediorientale, e una danzatrice del ventre, la dominatrice Karmen Bella, e infine l’ultimo vede una donna nuda, con solo il niqab a corprirle il volto, portare al guinzaglio un uomo tra colline che paiono quelle dell’Afghanistan, ma probabilmente sono pochi Km fuori Los Angeles, i due finiranno in tenda senza dialogo ma con molta azione.

L'incidenza dell'industria americana nella promozione dello hijab-porno

Non bisogna fare l’errore di immaginare di essere di fronte ad un movimento di liberazione sessuale, alla stregua di quel che fu il porno per l'America degli anni ‘60 e ‘70, perché i film erotici erano già molto guardati nei paesi musulmani, anche prima di questa nuova ondata di hijab-porno, e le immagini amatoriali di donne velate in atteggiamenti sessuali erano già cercate. Semmai quello che accade è che l’industria più potente del mondo, quella americana, riconosce questa come una nuova categoria, una in grado di cambiare i numeri in ballo.

Non si può dire che cada un tabù, ma di certo viene scoperta per usare le parole di Kelly Madison “Una maniera nuova e diversa di glorificare un tipo diverso di corpo femminile. Il porno non è più da anni una serie di donne bionde dalle grandi tette con uomini bianchi, esistono infinite variazioni che danno risalto a qualsiasi tipo di fisico o di caratteristica”. La nascita del porno-velato non è diversa dalla maniera in cui Hollywood oggi pensa i suoi film più costosi per il mercato russo e quello cinese più che per il proprio, è sintomo di un cambiamento negli equilibri mondiali e di un’apertura ad altri mercati. Di certo porta a conoscenza di tutti una realtà di ipocrisia che in molti non conoscevano e, quasi sicuramente, non cambierà la maniera in cui in quei paesi la morale comune guarda alla pornografia.

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