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Tomboy, il caso cinematografico dell’anno [la recensione]

La pellicola è una riflessione sull’identità, sulla libertà di scegliere la propria vita e sul modo in cui gli altri ci guardano e ci vorrebbero, al di là del bene e del male, giusto o sbagliato.
A cura di Ciro Brandi
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E’ stato il caso cinematografico  francese dell’anno. Céline Sciamma lo ha scritto e diretto, ottenendo vari riconoscimenti internazionali.

E’ narrata la storia di Laure (Zoé Héran), una bimba di 10 anni che durante le vacanze estive si trasferisce in un nuovo quartiere con i genitori e la sorella di 6 anni, Jeanne. Inizialmente passa le sue giornate in solitudine, non riuscendo ad integrarsi con i nuovi vicini, ma un giorno incontra la coetanea Lisa, presentandosi come un bambino di nome Mickaël. Grazie ai capelli corti e ai modi da maschiaccio, Laure riesce ad ingannare Lisa e tutti i bambini del quartiere, mascherando la sua vera identità. Ma quando la relazione tra Laure e Lisa si fa' sempre più stretta e intima, la verità verrà a galla, dando vita ad una serie di equivoci e complicanze.

La pellicola è stata presentata in anteprima a febbraio, al Festival di Berlino 2011 e successivamente a numerosi festival internazionali. In Italia ha partecipato alla 26esima edizione del Torino GLBT Film Festival.

Critica e pubblico sono rimasti assolutamente esntusiasti. La pellicola è una riflessione sull’identità, sulla libertà di scegliere la propria vita e sul modo in cui gli altri ci guardano e ci vorrebbero, al di là del bene e del male, giusto o sbagliato. La regista mette in moto tutto questo processo con una sensibilità estrema, una delicatezza al di fuori del tempo e dello spazio, senza violentare la psicologia dei personaggi, soprattutto quella della bimba protagonista.

Il gruppo di bambini protagonisti è di una bravura sensazionale. Sembrano attori che calcano le scene da anni, hanno una naturalezza innata e una predisposizione a stare davanti alla macchina da presa da far invidia ai divi più acclamati. La Sciamma per le riprese ha usato una telecamera a mano, dando alla pellicola un forte senso di realismo e partecipazione che c’invade sin dai primi minuti di proiezione. La scissione interiore che Laure vive non è mai portata ai limiti estremi del dramma, piuttosto la regista cerca di riprenderla nella sua quotidianità, nei gesti, tralasciando i dialoghi, basandosi sul linguaggio del corpo che, in questo caso, è molto più espressivo di milioni di parole.

Commovente, coinvolgente, divertente, fantastico.

Voto: 9

Tomboy

Il caso cinematografico che ha messo d'accordo critica e pubblico

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