Aveva 20 anni Valeria Golino quando per la prima volta sollevava la Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile grazie a Storia d’Amore di Francesco Maselli, ne ha 49 adesso che l’ha vinta di nuovo con Per Amor Vostro. È la prima attrice italiana a vincere per due volte uno dei premi più importanti al mondo nel campo della recitazione, come lei in precedenza solo due mostri sacri del calibro di Shirley MacLaine e Isabelle Huppert (rispettivamente per L’appartamento e Madame Sousatska e per Un affare di donne e Il buio nella mente). Per questa grande donna, che è nata artisticamente in Italia ed è maturata ad Hollywood, dove oscillava tra commedie e film che hanno fatto la storia del cinema come Rain Man, è un riconoscimento incredibile e meritato. Negli ultimi 20 anni il cinema italiano ha sfornato una classe di attori di levatura mirabile e Valeria Golino ne è la bandiera.
Non sono pochi i paralleli tra i due film per i quali Valeria Golino ha ricevuto la Volpi, anche Storia d’Amore era un film in cui interpretava un personaggio minuto ma forte, in bilico tra due uomini e alla ricerca di sè. In Per Amor Vostro invece è Anna, moglie che finge di non vedere che il marito è un usuraio, cresce i figli e cerca un lavoro onesto mentre intorno a lei tutti finiscono sul lastrico per colpa della sua famiglia. Anna cerca anche un amore in un attore di telenovele televisive (Adriano Giannini), ma non sa che sta scampando la morte in realtà. Il film di Giuseppe Gaudino non si ferma però qui, Valeria Golino era considerata da subito tra le favoritissime, l’unico nome su cui concordavano non solo tutti i pronostici ma anche tutta la stampa, perchè fa un lavoro complicato e originale.
Il tono del film infatti è molto caricato e kitsch, c’è un narratore neomelodico, un impianto visivo che lo fa somigliare ai quadretti votivi e una sorta di napoletanità esibita nelle sue componenti più veraci e popolari che lo rendono peculiare e raffinato. In tutto questo Valeria Golino oscilla tra i toni controllati e le esagerazioni necessarie a rimanere coerente con il resto della messa in scena, è perfetta nel suo non varcare mai la soglia del ridicolo (il film è molto bello ma è anche evidente che sconfinare nella farsa era un pericolo sempre presente). Perfetta, sinuosa, bella e determinata, sa essere ridicola quando serve e seria quando è il momento. Ha conquistato tutti. Anche la giuria di Alfonso Cuaron.
La stessa giuria che contro ogni previsione (tranne quelle dei più bastardi) ha premiato con il Leone d’Oro From Afar – Desde Allà di Lorenzo Vigas, film che non ha impressionato né riscosso successo tra pubblico e critica, ma che alla giuria deve essere piaciuto non poco. Sarà molto facile nei prossimi giorni addossare a Cuaron facili accuse, come quella di aver regalato il premio al suo amico Guillermo Arriaga, tra gli sceneggiatori del film, messicano come lui e come lui molto attivo ad Hollywood (ha scritto 21 grammi, Babel e ha diretto The burning plain). In realtà, come accade spesso, è facile che il giudizio di tutta la giuria sia alla fine arrivato a premiare quest’opera più per la sua capacità di mettere d'accordo la maggioranza che per l’aver conquistato qualcuno.
Film più clamorosi come Anomalisa di Charlie Kaufman o El Clan di Pablo Trapero hanno preso il premio della Giuria e il premio per la miglior regia, ed è probabile che questo sia il risultato dell’aver diviso troppo i giurati in odiatori ed estimatori. From afar forse può non aver avuto troppi nemici ed essere stato un buon compromesso. Di sicuro non era il film migliore di questa mostra che negli ultimi giorni ha calato degli assi pesanti e soddisfacenti.
Rimangono infatti a bocca asciutta lo splendido Remember (storia di caccia ai nazisti con un grande Christopher Plummer che si farà notare al botteghino italiano), il misterioso e clamoroso Behemoth (documentario per cinefili duri ma dalle immagini mostruose), Beasts of no nation (prodotto da Netflix e con un maiuscolo Idris Elba), il tanto odiato A bigger splash (ma è un gran film, il tempo gli darà ragione) e infine The danish girl che probabilmente troveremo tra le nomination agli Oscar. Ma è la storia di ogni edizione di Venezia, non si possono accontentare tutti.