Con una mossa che appare logica e doverosa la prima serie tv che un canale americano abbia mai affidato ad un autore italiano è stata presentata alla Mostra del cinema di Venezia. Al Lido si sono viste le prime due puntate di Young Pope, serie coprodotta da Sky (che la manderà ad Ottobre) assieme al canale americano Hbo e a quello francese Canal+, e la prima sorpresa, forse non a caso, è quanto nonostante parlino la lingua della serialità statunitense somiglino al cinema, molto più di ogni altra serie abbiamo visto fino ad oggi.
Fin da subito in questa serie che durerà 10 episodi e ha un cast più che altro internazionale, c'è tutto Sorrentino, già nella prima scena, onirica, esagerata, iperbolica e potente. Ma poi anche subito dopo un piccolo dialogo tra un cardinale e un confessore rivela quelle meschinerie dei potenti che il regista di Il Divo adora, quella "piccineria" del potere che lo affascina così tanto. E poi ancora l'umorismo, tantissimo umorismo grottesco (e non è difficile immaginare quanto di grottesco ci possa essere nel Vaticano) in una serie che però non è comica. Per questo e molto altro un prodotto simile la tv americana non l'ha mai conosciuto, uno così serio, duro e cattivo ma anche così divertente negli Stati Uniti non è stato mai realizzato. È roba nostra.
Papa Pio XIII (Jude Law) è stato appena eletto, è uscito dal conclave vincitore perché qualcuno, un cardinale molto potente (Silvio Orlando), ha operato per farlo vincere a sorpresa. Ad essere stato eletto è proprio lui e non il suo mentore, un anziano cardinale americano, perché giudicato molto manipolabile. Peccato che non sia così, se ne accorge presto il cardinal Voiello di Silvio Orlando, quando nella prima udienza comincia ad imporgli un'agenda e si sente ribattere a tono, molto a tono. Tra di loro si inserisce Suor Mary (Diane Keaton) la monaca che ha allevato il piccolo Lenny, il futuro Papa, nel suo orfanotrofio e che ora lui ha fatto chiamare per stargli accanto. Ma non accanto spiritualmente, accanto politicamente. Di spirituale c'è molto poco nel Vaticano di Young Pope. Lenny e Suor Maria sono una coppia che ben si intende e forse hanno sempre pianificato tutto questo.
Da queste poche righe di trama è già evidente come chi pensi di trovare qualcosa di reale, concreto o anche solo probabile nella storia di Young Pope è fuori strada. Sorrentino ha girato una serie che immagina il più assurdo dei papati moderni, in totale controtendenza con la direzione che la Chiesa sta prendendo. Pio XIII è un papa Re con idee da dittatore, ma non è un cattivo, anzi è il protagonista, il che è il segreto del fascino di questa storia di esercizio della volontà. Per quanto tutta la costruzione delle dinamiche interne al Vaticano abbia una plausibilità estrema, dai rapporti con i confessori, agli impegni lavorativi, fino ai consulenti e alle manovre tra cardinali, ciò che accade rimane impensabile, come se nel ruolo più potente del mondo (nessun monarca o dittatore vanta tanto seguito e tale capacità di convincimento) fosse stato messo avventatamente qualcuno con un'idea settecentesca del potere, pronto ad obbligare tutti ad assecondarlo.
Eppure a stupire di questa serie non è tanto il cinismo e la cattiveria con cui ritrae la politica vaticana, mancanza di pietà e visione del mondo cinica sono caratteristiche che la tv americana ha fatto proprie da molto tempo, quello che stupisce davvero è quanto questo prodotto così americano e così magniloquente abbia un'anima italiana. L'istinto verso il ridicolo, la corsa alla commedia non appena è possibile, la voglia di mettere in scena il mondo soffermandosi su tutte ma proprio tutte le sue assurde ridicolaggini (solo nelle prime puntate il Papa riceve in dono un canguro e lo libera nei giardini vaticani, ammansendolo con un gesto della mano come fosse "S. Francesco da Sidney"), pongono il marchio indelebile del nostro cinema su ogni fotogramma di Young Pope.
La serietà della commedia, e il ridicolo del dramma, cioè la vita su questo pianeta per come la raccontano i film italiani. Difficile dire da questi primi episodi come andrà avanti. Di certo abbiamo capito che è una serie “di intrigo”, una che mostra le stanze vaticane come fossero castelli in cui si trama, che parla di cardinali ma potrebbe parlare di assessori e sottosegretari. Di certo per noi è un passaggio fondamentale nella costruzione di un immaginario, perché nessuno ha mai ritratto così il Vaticano, così assurdo eppure così vero, così allegorico. Per gli americani sarà un bel colpo.