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40 anni fa usciva “Qualcuno volò sul nido del cuculo”, capolavoro da 5 Oscar

Il regista ceco Miloš Forman, il 19 novembre 1975, sbarcava nelle sale di Los Angeles con uno dei film più premiati e osannati di sempre. “Qualcuno volò sul nido del cuculo”, affrontando temi delicatissimi come l’autoritarismo, l’oppressione, la violenza sessuale, la disabilità psichica e le differenze tra le varie etnie, riuscì a portare a casa 5 Oscar, 6 Golden Globe, 6 BAFTA, entrando di diritto nella storia del cinema.
A cura di Ciro Brandi
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Il 19 novembre 1975, a Los Angeles, si teneva la première di uno dei film più amati e premiati della cinematografia mondiale. “Qualcuno volò sul nido del cuculo”, diretto dal ceco Miloš Forman e tratto dall’omonimo romanzo, del 1962, di Ken Kesey, ebbe un effetto dirompente in quel periodo, trattando temi molto delicati come l’autoritarismo, l’oppressione, la violenza sessuale, la disabilità psichica e le differenze tra le varie etnie, messe in rapporto con la cosiddetta società “normale”. Kesey scrisse il libro basandosi sulla sua vera esperienza come volontario al Veterans Administration Hospital a Palo Alto, in California e scelse quel titolo perchè nel gergo americano il “nido del cuculo” indica il manicomio. La sua opera, però, è stata utilizzata come specchio di una condizione umana ben più ampia, per trattare concetti universali che hanno scosso le coscienze e che, ancora oggi, sono terribilmente validi.

Un viaggio nella follia e nell’anticonformismo

Forman narra la storia di Randle Patrick McMurphy (uno straordinario Jack Nicholson), un uomo che viene arrestato per aver commesso dei piccoli reati e portato all’ospedale psichiatrico di Salem, nell’Oregon. McMurphy si trova li perchè ha finto di essere pazzo per non andare in carcere e, infatti, il Dottor Spivey (Dean R. Brooks), gli spiega che dovrà restare nell’istituto solo per far venire a galla la verità sulla sua presunta disabilità. McMurphy, però, diventa l’idolo degli altri pazienti –  tra cui spiccano il “Grande Capo” Bromden (Will Sampson), Billy Bibit (Bard Dourif), Taber (Christopher Lloyd), Martini (Danny DeVito) – per il suo comportamento anticonformista che lo porta a prenderli in giro, a burlarsi della psicoanalisi, ad improvvisarsi radiocronista e a combinare altri mille guai. A vigilare su tutto e tutti, c’è la capoinfermiera Mildred Ratched (Louise Fletcher), integerrima e spietata. Un giorno, McMurphy decide di scappare, ma prima organizza una festa introducendo nell’ospedale due ragazze. Preso dai fumi dell’alcol, però, l’uomo si addormenta sul pavimento. Dopo aver subito l’ennesima violenza psicologica dalla malvagia Fletcher, McMurphy tenta di strangolarla e, a quel punto, l’unico rimedio al suo comportamento, sembra essere la lobotomia.

I diritti di Kirk Douglas e i fenomenali protagonisti

Tutto il progetto ha preso vita grazie al leggendario Kirk Douglas. L’attore, infatti, aveva acquistato i diritti del libro per farne un film, riservandosi la parte del protagonista, ma suo figlio Michael (diventato, poi, produttore della pellicola) lo riteneva troppo adulto per il ruolo (nel 1975 suo padre aveva 59 anni) e lo invitò a desistere. Per il ruolo di McMurphy furono considerati, quindi, James Caan, Marlon Brando e Gene Hackman, ma rifiutarono tutti. La scelta ricadde, allora, su Jack Nicholson che, alle spalle, aveva già film di successo come “Easy Rider”(1969), “Chinatown”(1974) e “Professione: reporter”(1975). Il 38enne Nicholson risultò perfetto per la parte. La critica lo osannò e il ruolo gli permise di spiccare definitivamente il volo verso la Hollywood che conta. Con lui, anche Louise Fletcher cavalcò l’onda del successo internazionale, girando tantissimi film e diventando una delle attrici più amate dai critici e dai registi più importanti.

I 5 Oscar, gli altri premi e gli incassi

Probabilmente, Kirk Douglas sapeva che il potenziale del romanzo di Kesey era altissimo e, da grande star protagonista già di 55 film, non si sbagliava. “Qualcuno volò sul nido del cuculo”, infatti, conquistò i 5 Oscar principali: Miglior film, Miglior regia, Miglior attore protagonista (Jack Nicholson), Migliore attrice protagonista (Louise Fletcher) e Migliore sceneggiatura non originale (Lawrence Haubern e Bo Goldman). In tutta la storia del cinema, è accaduto solo ad altri due film: “Accadde una notte”(1934) di Frank Capra e a “Il silenzio degli innocenti”(1991) diretto da Jonathan Demme. Oltre agli Oscar, il film ha portato a casa anche 6 BAFTA, 6 Golden Globe, 2 National Board of Review Award, 2 David di Donatello, 1 Nastro d’Argento e decine di altri premi in giro per il mondo. In Italia, il film uscì il 12 marzo 1976 e gli incassi globali furono di 112 milioni di dollari.

La metafora degli eventi del 1968

Le critiche furono, sostanzialmente, positive, anche se alcuni si lamentavano della ripetitività di alcune scene e l’eccessiva violenza. Tantissimi critici, però, sono unanimi nel riconoscere – nel romanzo e nel film – una metafora degli eventi del 1968. Il manicomio di Salem diventa, quindi, una sorta di mondo a parte, chiuso in se stesso e nelle sue rigide regole, dove McMurphy entra come una freccia che squarcia, con una forza dirompente, l’ottusità del potere, rappresentato dalla Ratched, che schiaccia le libertà individuali. D’altra parte, lo stesso Kesey scappò dalla Cecoslovacchia dopo l’invasione sovietica del ’68, e andò in America alla ricerca della libertà perduta. Naturalmente, questa è solo una delle tantissime chiavi di lettura che si possono dare a questo immenso capolavoro, sempre moderno, impressionante, capace di smuovere le coscienze in una trascinante spirale sospesa tra  commedia e dramma, dura realtà e apparente follia.

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