296 CONDIVISIONI
Opinioni

Il documentario che racconta come Messi è riuscito a diventare Messi

Campioni si nasce e si diventa. Alex de la Iglesia realizza un film pieno di testimonianze (dai giocatori del Barcellona fino ai maestri delle elementari) per capire come un bambino talentuoso diventi campione.
A cura di Gabriele Niola
296 CONDIVISIONI
Immagine

Era davvero ora di fare un documentario serio, grosso e importante su Lionel Messi, campione tra i campioni del calcio moderno, primo a vincere 4 palloni d’oro, stella indiscussa di una delle formazioni più forti di sempre (il Barcellona dei mille trofei) ed ancora soltanto ventottenne. Era ora di cominciare a raccontarlo, cioè di creare una mitologia intorno ad un personaggio che più schivo e ritroso ad ogni forma di racconto di se stesso non si può. Ci ha pensato Alex de la Iglesia, formidabile regista spagnolo, autore di commedie d’azione che fanno più ridere delle commedie normali con più d’intrattenimento dei film d’azione medi, e la Mostra del cinema di Venezia se l’è subito aggiudicato (per essere precisi è nella sezione autonoma Le Giornate degli Autori).

Il titolo come si conviene in questi casi è semplice, diretto ed essenziale: “Messi”. Sono 98 minuti tra documentario, filmati di repertorio (alcuni mai visti), testimonianze incredibili, scene di pura finzione tipiche da film biografico (girate con attori che interpretano la famiglia Messi) e discussioni finissime di calcio. Lo scopo è raccontare tutta la vita calcistica di Lionel Messi e cercare di spiegare come sia stato possibile passare da un bambino molto bravo di un posto sperduto dell’Argentina ad un campione vero, uno dei più grandi di sempre. Come se si volesse smentire l’assunto per cui basta il talento e contemporaneamente mostrare che sforzo incredibile ci sia dietro il trionfo del 10 del Barcellona, ma non lo sforzo che Lionel ha messo sempre in campo, bensì quello di tutte le persone che gli sono state accanto, dai genitori fino agli allenatori, i dirigenti e i compagni di squadra.

Anche lo scenario del documentario è particolare. La gran parte si svolge in un ristorante in cui ad ogni tavolo siedono persone che hanno avuto a che fare con lui. Iniziamo seguendo il tavolo con gli amici d’infanzia, le maestre della scuola elementare e il primo allenatore che l’abbia visto giocare (a 6 anni con un tocco di palla e padronanza del dribbling che fanno impressione). Mostrano le foto, si vedono i filmini d’epoca girati dal padre e vediamo alcune scene che i protagonisti raccontano essere interamente ricostruite come fosse un film, quindi con attori (ma è la parte peggiore, sembrano scene da una brutta fiction di Rai Uno). Mescolando tutto ciò (le conversazioni, i filmati di repertorio e le scene di finzione girate con gli attori) lentamente prende forma la storia di Lionel, bravissimo, sempre in campo con bambini più grandi di lui, conteso dai club, tenuto stretto dagli allenatori ma anche tarato dalla mancanza dell’ormone della crescita. Si passa poi ai tavoli in cui sono seduti i primi dirigenti che lo hanno avuto e al racconto della ricerca che i genitori hanno fatto di un club che pagasse per tutto (i trasferimenti le costose spese mediche, l’alloggio per tutta la famiglia) e la travagliata trattativa con il Barcellona, durata ben un anno (era sedicenne) in cui Lionel si allenava in Spagna, stupiva tutti ma non poteva giocare. Dopodichè tocca ai tavoli con i primi giornalisti che l’hanno notato e l’allenatore della nazionale argentina under 18 che racconta di come l’abbia soffiato per un pelo alla nazionale spagnola che stava per prenderselo.

É la storia di un prodigio della tecnica evidente a tutti, fin dal primo sguardo ma anche di un’odissea infinita per far sì che questo potesse imporsi. Nella seconda parte infatti, quella in cui inizia il percorso nel Barcellona e la storia del campione è nota a tutti, i tavoli seguiti sono quelli di Cruyff (dirigente del Barcellona e a suo tempo grandissimo campione), di Menotti (calciatore e allenatore argentino che qui si scopre finissimo opinionista) e dei compagni storici del grande Barcellona cresciuti con lui fin dalla primavera (Piquè, Iniesta, Mascherano…). Non ci sono più filmati girati dal papà di Lionel ma i video dei gol e delle azioni più clamorose e il tema non è più la vita del campione ma come lo sia diventato. I calciatori lo sanno e lo dicono subito: “Ce ne sono tantissimi di bravi, quelli che dribblano tutti e fanno 5 gol a partita ma pochissimi riescono a diventare veri calciatori”. E i suoi compagni stessi da ragazzi se lo chiedevano sinceramente se quel fenomeno ce l’avrebbe fatta. Si scoprono dettagli sugli allenamenti, sulla potenza fisica, l’uso del baricentro e anche come la società abbia cacciato giocatori importanti (Ronaldinho) per creare una squadra a misura sua. Sembra una dissertazione da tecnici ma è una cavalcata appassionante davanti alla quale è difficile non commuoversi e addirittura anche l’annoso e retorico tema “É più forte Messi o Maradona?” è affrontato con intelligenza.

Nonostante qualche caduta di stile Messi è davvero un documentario da vedere per ogni appassionato di calcio e ogni amante delle grandi odissee umane. Come dice uno degli allenatori che l’ha avuto sotto di sè da bambino: “Chiunque abbia fatto parte della vita di Lionel Messi quando lo vede correre sa che almeno una di quelle gocce di sudore è sua”.

296 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views