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Bentornata Pixar! Ci sei mancata tanto

Passato fuori concorso a Cannes, “Inside Out” riporta lo studio alle vette artistiche di “Up” o “Alla ricerca di Nemo” e raccoglie le lacrime, le risate e poi il fragore degli applausi della stampa.
A cura di Gabriele Niola
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Prima era stato Mad Max, ora Inside Out: è al di fuori del concorso che il Festival di Cannes sta riscuotendo il vero successo, mostrando delle opere davvero memorabili. Infatti, come e di più che per il film con Tom Hardy, alla fine del cartone animato Pixar (giusto il tempo di asciugare le lacrime) gli applausi sono piovuti fragorosi, accompagnati da urla di estasi. Nonostante i titoli della competizione non stiano certo sfigurando, quest’anno gli ospiti più “commerciali” del festival, quelli che non competono perchè, in teoria, il loro reame è quello del cinema d’incasso e non di sperimentazione, si stanno rivelando più audaci, sperimentali e riusciti dei loro colleghi intellettuali.

Non lo possiamo sapere ma la sensazione qui a Cannes è che se Inside Out fosse stato in concorso avrebbe certamente preso premi con la sua storia originale e commovente. Al centro di tutto c’è l’undicenne Reilly e ciò che accade nella sua testa, dove le 5 emozioni fondamentali (rappresentazioni umanizzate di Gioia, Paura, Rabbia, Tristezza e Disgusto) comandano le sue reazioni. Quando la sua famiglia si trasferisce in blocco dal Minnesota a San Francisco Reilly ha un blocco, tutto va male nella nuova città, non ha amici e le manca la vecchia vita. In realtà quel che contemporaneamente accade nella sua testa è che Gioia e Tristezza si sono perse, per un battibecco sono finite fuori dalla cabina di comando e dovranno viaggiare nell’animo di Reilly per ritornare a posto per ristabilire l’equilibrio sentimentale. Nel frattempo le 3 emozioni rimanenti (Paura, Rabbia e Disgusto) cercano come possono di limitare i danni e guidare la vita della bambina.

In Inside Out si ride tantissimo, come nella miglior tradizione dello studio che ha prodotto Alla ricerca di Nemo, Up, Wall-E e Monsters &Co., sia con trovate di umorismo sofisticato che con gag di un’immediatezza esilarante, soprattutto però lentamente emerge un’idea di struggente delicatezza riguardo al crescere. Tutta l’avventura del film coincide infatti con il passaggio di Reilly dall’infanzia all’inizio dell’età adulta, lo scombussolamento del trasloco sarà il primo momento della sua vita in cui sembra dominare l’amarezza e in cui dovrà venire a patti con i sentimenti più bui. Allo stesso tempo dentro la sua testa Gioia, che ha sempre tenuto in ombra e limitato l’ingerenza di Tristezza, dovrà capire che essa è fondamentale quanto lei e che è giusto che contamini tutti i ricordi e tutto il presente, perchè questo significa diventare un po’ più adulti: accettare tutti i sentimenti e non reprimerli in fondo al proprio animo.

Per raccontare questa complessa parabola tra la psicologia emotiva e la grande avventura (Gioia e Tristezza per tornare a casa dovranno passare nella landa dei ricordi perduti, nel paese dell’immaginazione e attraverso il “pensiero astratto”, incontrando personaggi come l’amico immaginario dell’infanzia di Reilly), la Pixar imbastisce un’epopea dentro l’anima umana, un raccontone di formazione che sembra tutt’altro e alla fine, quando i sentimenti vengono al pettine, riesce a commuovere accostando ogni spettatore alle proprie emozioni.

Lo studio guidato da John Lasseter, che negli ultimi anni sembrava aver preso una piega discendente rispetto ai fasti dei suoi film precedenti, per non sbagliare si è preso un anno di pausa. Invece che consegnare nelle sale un film ogni 365 giorni ha deciso di saltare il 2014 per tornare ai suoi livelli qualitativi. Inside Out doveva essere il film in grado di dimostrare che la Pixar non ha smesso di essere la Pixar, che i 5 grandi saggi che la guidano (oltre a Lasseter anche Andrew Stanton, Pete Docter, Lee Unkrich e Brad Bird) sono ancora in grado di creare favole moderne di incredibile complessità, e lo è stato oltre ogni aspettativa.

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