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GLBT Festival: Clive Owen in Bent, l’amore ai tempi dell’Olocausto

Proiettato nel festival torinese il film-scandalo che ebbe il merito di sdoganare la tematica tabù dell’amore gay ai tempi del nazismo.
A cura di Alessio Gradogna
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Clive Owen in Bent, al GLBT Festival

In programmazione al GLBT Festival di Torino, nella retrospettiva dedicata ai “25 film che hanno cambiato la nostra vita”, insieme ad esempio a Happy Together di Wong Kar-Wai, anche Bent, film-scandalo del britannico Sean Mathias, realizzato nel 1997, con un sorprendente Clive Owen nel ruolo di un omosessuale deportato nei campi di concentramento durante la seconda guerra mondiale.

Bent è tratto da una pièce di Martin Sherman, replicata più volte nei teatri di Broadway, a cui avevano preso parte un giovane e debuttante Richard Gere e poi Ian McKellen (che compare in un piccolo ruolo anche nel film). Questa versione per il grande schermo inizia con un'orgia nazista, nella quale domina la scena un Mick Jagger vestito e truccato come una drag queen, che canta imitando Marlene Dietrich ne L'angelo Azzurro di Von Stronheim. Il lavoro di Mathias, frizzante e colorato nella prima parte, scivola poi nel dramma e nella tragedia, quando l'ebreo Max viene deportato a Dachau, e lì incontra l'omosessuale Horst.

Tra loro inizia un rapporto profondo e speciale, che culmina in una famosissima sequenza in cui i due uomini fanno sesso e raggiungono l'orgasmo solo con l'immaginazione e le parole, senza nemmeno sfiorarsi. Il buio eterno, però, incombe su di loro, e la sopravvivenza, nelle terribili condizioni quotidiane in cui sono imprigionati, diviene sempre più difficile.

Un film duro e straniante, a tratti grottesco e anche ironico, ma capace di colpire profondamente nella mente dello spettatore. Alla sua uscita, ebbe il merito di sdoganare presso il grande pubblico la tematica tabù dell'amore gay al tempo dell'Olocausto. Efficace Clive Owen in uno dei ruoli più coraggiosi e controversi della sua carriera, brevi apparizioni anche per Jude Law e Rachel Weisz (futura Jackie Kennedy), e colonna sonora di Philip Glass.

Alessio Gradogna

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