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Hugo Cabret, il magico capolavoro di Scorsese

Ben11 nomination ai prossimi Oscar. Basterebbe questo risultato per giustificare e spiegare la magia e la forza del nuovo film di Martin Scorsese. Il successo riscosso negli USA, dov’è uscito il 23 novembre 2011, e il Golden Globe come miglior regista, hanno fatto si che la curiosità aumentasse giorno dopo giorno, e finalmente è arrivato anche in Italia.
A cura di Ciro Brandi
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Ben11 nomination ai prossimi Oscar. Basterebbe questo risultato per giustificare e spiegare la magia e la forza del nuovo film di Martin Scorsese. Il successo riscosso negli USA, dov’è uscito il 23 novembre 2011, e il Golden Globe come miglior regista, hanno fatto si che la curiosità aumentasse giorno dopo giorno, e finalmente è arrivato anche in Italia.

Il piccolo Hugo Cabret (Asa Butterfield) è un orfano che vive segretamente tra le mura della stazione ferroviaria di Parigi, negli anni Trenta. Qui Hugo porta avanti il lavoro dello zio ormai scomparso (Ray Winstone), occupandosi della manutenzione degli orologi di tutta la stazione. Il suo sogno più grande però è quello di far funzionare un automa meccanico che stava riparando insieme al padre orologiaio (Jude Law), convintissimo del fatto che possa nascondere un suo messaggio. Con l'aiuto di un'eccentrica ragazza, Isabelle (Chloe Moretz), il piccolo si metterà all’opera. Ma l'automa presenta segreti che riportano a galla vicende del passato che lo stesso patrigno della ragazza aveva inabissato.

La storia di Hugo s’intreccia quindi con quella di Georges Méliès (Maries-Georges-Jean Méliès) – nel film interpretato da un grandissimo Ben Kingsley – regista e illusionista francese, riconosciuto come il secondo padre del cinema dopo i Fratelli Lumière per l’introduzione e la sperimentazione di numerose novità tecniche e narrative, come l’invenzione del cinema di finzione, che ci porta in mondi diversi dalla realtà quotidiana, o la tecnica del montaggio, fondamentale per il cinema. E’ universalmente riconosciuto anche come il padre degli “effetti speciali”. Scorsese intende recuperare quella magia, riscoprire il potenziale di quel cinema così affascinante, puro, tecnologicamente avanzato per quell’epoca ma piegato al cospetto delle vere emozioni.

La figura dell’automa di ferro è quindi una metafora importantissima: la tecnologia resta un meccanismo freddo e muto se non ha un cuore, delle emozioni da trasmettere, qualcosa da dire. Un messaggio importantissimo, trasmesso in maniera ottimale grazie alla stupenda sceneggiatura di John Logan, tratta dal romanzo di Brian Selznick.

La pellicola Di Scorsese (che si ritaglia anche un piccolo cameo) è una splendida favola, un omaggio al cinema e alla sua capacità di farci sognare, tornare bambini, guardare avanti con ottimismo anche con un pizzico d’incoscienza, ma con grande speranza. D’altronde le centinaia di pellicola realizzate da Méliès nel primo decennio del 1900 erano spettacoli di magia più che film, esperimenti fatti dal maestro più che altro per mettere in pratica gli effetti speciali che aveva scoperto accidentalmente.

Il cast è formidabile: i piccoli Asa Butterfield e Chloe Moretz sono dei veri talenti che Hollywood coltiverà a lungo, mentre Ben Kingsley, Jude Law, Christopher Lee e un inedito Sacha Baron Cohen (nei panni dell’Ispettore Gustav) sono semplicemente sorprendenti. Onore al merito anche alla fantastica e sognante fotografia di Robert Richardson, ai costumi di Sandy Powell e Fola Solanke, alle stupende musiche dell’eccellente Howard Shore e alle scenografie dei nostri Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo, candidati giustamente agli Oscar. Poco 3D, usato in maniera non invasiva, ci fa apprezzare ancora di più tutti i dettagli.

Questo è il cinema che vorremmo sempre vedere. Forse oggi la consapevolezza delle emozioni che può trasmettere la settima arte è un pò sfumata, ma bisognerebbe sempre ritagliarsi uno spazio per continuare a sognare.

Voto: 9

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