Ci sono bambini, anziani, sportivi, persone al lavoro, ragazzi a scuola, Luca Parmitano nello spazio, proteste, confessioni, piccoli amori, grandi silenzi, una nave cargo e una valanga di piccole idee in Italy in a Day il film documentario realizzato da Gabriele Salvatores, passato al festival di Venezia, andato per un giorno in sala e finalmente visibile a tutti stasera su Rai Tre in prima serata. È una produzione Rai in collaborazione con ScottFree, la casa di produzione di Ridley Scott che già aveva realizzato Life in a Day (versione mondiale di quest’idea). Si tratta di chiedere alle persone comuni, a chiunque lo voglia, di girare un piccolo video, come vuole, come preferisce, in un giorno specifico (per noi era il 23 Ottobre 2013, ha eruttato l'Etna in quella giornata e nel film c'è) e mandarlo a chi poi visionerà, selezionerà e monterà il materiale.
Sono stati 44.000 i video ricevuti dal team di Salvatores, visti, scartati oppure scelti e poi affiancati in una grande narrazione che alla fine è anche più coinvolgente dell’originale: “Quello americano era un po’ un videoclippone, io ci ho messo del mio invece” ha detto lo stesso Salvatores e ha ragione. Del regista di Mediterraneo e Nirvana c’è l’attenzione ai ragazzi e il gusto per il ritmo, l’ossessione del viaggio e l’elegia della fuga. Nella maniera in cui ha organizzato e messo in fila le clip o in come ne ha scelte alcune che ritornano spesso riesce a fare una micronarrazione, cosa che Life in a day non riusciva a fare, si limitava a dar ritmo ad una sequenza di video.
Ma ancora di più quello che Italy in a day mostra riguardo gli italiani è la forza del vivere ogni giorno le cose più ordinarie, per questo è molto difficile resistere tutto il documentario senza versare un paio di lacrime di fronte alla manifestazione dell’essere umani o come l’ha definito Salvatores stesso quando l’abbiamo incontrato a Venezia: “un senso di tenerezza verso i propri simili”. Non si era mai visto un reportage simile, uno cioè in grado involontariamente di raccontare oltre alle mille piccole vite e piccole opinioni anche quel cambiamento antropologico che la tecnologia ha portato nelle nostre vite. Una volta gran parte della popolazione non sapeva scrivere, ora tutti sono in grado di buttare giù una lettera. Una volta gran parte delle persone non sapeva niente di audiovisivo, ora invece, come si vede in Italy in a day, i rudimenti della messa in scena, l’abc del racconto per immagini è padroneggiato da tantissimi. È quasi scontato dare il merito di tutto ciò agli smartphone e alla massiccia presenza di video (visto e girato) nelle vite di ognuno ma sarebbe stupido non farlo.
Gabriele Salvatores, da regista, è stato ovviamente il primo a notarlo: “Ho cercato di scegliere i video meno costruiti e più spontanei, tuttavia ce ne sono un paio che ho inserito perchè mi aveva stupito come persone normali padroneggiassero tecniche da cinema. Sono i due ragazzi che leggono a letto e la ragazza che si riprende senza e con trucco grazie ad un gioco di montaggio da vero regista di commedie”. Ma ancora più a fondo il fatto stesso che sia stato possibile realizzare Italy in a day, cioè che la Rai attraverso una semplice richiesta abbia ricevuto così tanto video, è segno della penetrazione che la cultura di internet ha avuto in questi anni. Un progetto simile, realizzato con il contributo di chi poi lo fruirà, non è lontano dalle campagne crowdfunding di Kickstarter, da Wikipedia a cui collaboriamo tutti o a Lost in Google di TheJackaL, qualcosa che è possibile perchè abbiamo imparato a condividere e donare il nostro tempo a quello che ci piace di più o che ci ispira. Non abbiamo più paura come i nostri nonni di essere ripresi o di venire male, non c’è più quel pudore naif davanti alla videocamera ma siamo tutti più smaliziati riguardo il rapporto che intratteniamo con la nostra immagine e Italy in a day è il primo progetto per vecchi media (prima il cinema e poi la televisione) a sancirlo.