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Opinioni

La critica contro Suicide Squad e le folli accuse di ‘traffico Disney’ delle stroncature

Dopo le critiche negative americane al nuovo film DC, aumenta la convizione che sia Disney, proprietaria del marchio Marvel, a pagare i critici. Teoria folle segno del potere oggi assegnato ai fan dagli studios e del loro desiderio di un “parere unico”
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A cura di Gabriele Niola
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Non c’è niente di più avvelenato di un fan avvelenato. E i fan dei fumetti sanno esserlo. La dimostrazione, come per quasi tutto, si trova in rete, il luogo in cui le opinioni emergono e assurgono a fatti. Solo quattro giorni fa negli Stati Uniti aveva luogo l’anteprima per la stampa di Suicide Squad, che in patria è nei cinema da domani mentre da noi a partire dal 13 Agosto. Usciti dalla preview, i critici statunitensi non sono apparsi soddisfatti. Il giorno dopo in rete o sulle pagine di carta, quasi tutti avevano espresso il loro parere, tra i quali uno abbastanza negativo, come testimonia Rotten Tomatoes, il sito che aggrega il totale delle recensioni di ogni film per trarne una media unica. Quella media per Suicide Squad è del 38% negativa, significa che il 62% delle recensioni è una stroncatura. Non bene per un titolo atteso e già amato, preventivamente, dai fan (del fumetto DC, si suppone, visto che il film non l’ha ancora visto nessuno).

Nella grande guerra cinematografica tra i film tratti dall’universo Marvel (Iron Man, Spider-man, Avengers, I Guardiani Della Galassia…) e quello DC (Batman, Superman, Suicide Squad, ma anche Wonder Woman) sembra che i critici siano di troppo. Da tempo infatti esiste una teoria folle e complottista per la quale la Disney, proprietaria del marchio Marvel, paghi la critica per parlar bene dei suoi film. Questa sembra essere l’unica spiegazione che molti fan scontenti si danno di come quei blockbuster tendano a incontrare più il gusto della critica rispetto a quelli della concorrenza. Il fatto poi che un film atteso e dalla promozione estremamente promettente, che mostra un nuovo Joker, Margot Robbie nei panni di Harley Quinn, un gruppo di villain dei fumetti costretti a lavorare per il governo e a fare i buoni e via dicendo, sia stato così stroncato è stata la goccia finale.

È partita la più classica delle velleitarie petizioni per chiudere Rotten Tomatoes sostenute da 17.000 e passa firme, come se la colpa fosse di un sito che fa il solo lavoro di aggregare pareri altrui e trarne una media, e pare si stia diffondendo un’aria da preventiva presa di posizione contro le stroncature. È il colpo di coda dei nuovi modelli di promozione del cinema, per i quali i film si iniziano a pompare da un anno prima dell’uscita, vengono caricati di aspettative e arricchiti di un marketing capace di svelare per gradi costumi, titoli, poster, colonne sonore, pezzettini di trama e personaggi presenti, tutto per creare salivazione e desiderio di fruizione. Nella rincorsa ad un pubblico vasto e al successo il più possibile “garantito”, i grandi studi di produzione si prostrano sempre di più al volere dei fan, cercano di seguire il loro gusto e confermare le loro attese o i loro desideri. Uno spostamento del potere da chi crea a chi fruisce, le cui conseguenze sono anche il giustizialismo contro chi non concorda.

Intanto tra 7 giorni Suicide Squad arriva anche in Italia e a sorpresa il film è meglio di come sia stato descritto oltreoceano. Ai critici americani sembra non sia piaciuta la maniera in cui la trama viene raccontata e, in effetti, il film nella sua seconda parte ha molti problemi di coerenza, ma nulla da cui siano esenti gli altri cinefumetti. Non sono piaciute le interpretazioni, eccezion fatta per Jared Leto; non è piaciuta la scrittura, molto debitrice ai polizieschi classici e la loro “etica del criminale”; e infine l’atteggiamento molto infantile della grande minaccia contro cui il team di eroi per caso si batte. Nessuna menzione purtroppo per una prima parte di presentazione fantastica. Si concordi o meno però, non c’è bisogno di formulare accuse di compravendita delle opinioni, perché per fortuna la divergenza di pareri e la distanza tra pubblico e critica (anche se il primo il film non l’ha ancora visto e parla solo per pregiudizio) non solo non nasce oggi, ma è una dinamica sana che stimola discussioni, mette in questione il parere di entrambi e offre una prospettiva più ampia dell’auspicato pensiero unico.

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