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“Lei”, la storia d’amore tra uomo e sistema operativo candidata a 5 Oscar (RECENSIONE)

Anno 2025. Theodore è un uomo che sta per divorziare e con il morale a pezzi. In suo soccorso arriva Samantha, non una donna, ma un sistema operativo dalla voce suadente che lo farà innamorare perdutamente.
A cura di Ciro Brandi
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Il regista statunitense Spike Jonze, con “Lei”, offre tantissimi spunti di riflessione. Presentato al Festival di Roma 2013 – dove Scarlett Johansson è stata premiata come Migliore interprete femminile – la pellicola ha portato a casa anche il Golden Globe 2014 alla Migliore sceneggiatura ed è candidata a 5 Oscar, tra cui quello al Miglior Film. Tutti meritati. Jonze, già qualche anno fa, aveva colpito la critica con lo splendido “Essere John Malcovich”, non convincendo poi, appieno, le loro enormi aspettative con il fantastico “Nel paese delle creature selvagge”. Con “Lei”, invece, riesce a costruire un mix perfetto di recitazione, scrittura e ambientazione.

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Il regista ci porta, precisamente, nel 2025, e lo scenario relativo alle relazioni umane non è per nulla confortante. Il protagonista, Theodore Twombly (un fenomenale Joaquin Phoenix) sta per divorziare dalla moglie e il suo stato d’animo – letteralmente a pezzi – lo porta ad innamorarsi del suo nuovo sistema operativo, che ha la suadente voce di Scarlett Johansson. Theodore diventa  simbolo di un’umanità che ormai vive in simbiosi con la tecnologia, che preferisce i rapporti virtuali a quelli reali, abituandosi ad una terrificante incomunicabilità. La storia d’amicizia, e poi d’amore, tra Theodore e il sistema operativo, denominato Samantha, è raccontata con estrema coerenza e concretezza, tali da appassionarci dall’inizio alla fine, senza momenti morti o noiosi.

Jonze non poteva scegliere  attore protagonista migliore di Joaquin Phoenix . Osservare la sua capacità d’interazione con una macchina, i suoi mille cambiamenti di umore, stati d’animo, le sue emozioni in continua evoluzione e regressione, ci rendono pienamente consapevoli del fatto che siamo di fronte davvero ad uno dei più grandi attori di Hollywood.  Clamorosamente snobbato dall’Academy, Phoenix ci fa ridere, commuovere, arrabbiare, ci fa tifare per lui, ma, allo stesso tempo, vorremmo scuoterlo dallo stato di torpore e totale assuefazione tecnologica. Stupendo il momento in cui si strugge di gelosia e ansia quando Samantha va brevemente offline e gli confessa che è stata corteggiata da altri sistemi operativi. Ovviamente, il climax finale non lo sveliamo, ma sarà impossibile non versare qualche lacrima.

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Guardando la versione originale, ci si rende conto che il rumor della potenziale candidatura della voce di Scarlett Johansson (la voce italiana è Micaela Ramazzotti) agli Oscar non era per nulla esagerato. Le sua capacità d’intrattenimento e d’ascolto sono le uniche ancore di salvezza di Theodore, e lui ci si aggrappa con tutte le sue forze. Tutti noi finiamo con innamorarci di quella voce, alla quale è impossibile resistere. Theodore la forma, le fa provare sensazioni che lei incamera e fa sue contraccabiando con la fiducia, l’amore, la comprensione, la gelosia, in un turbinio di nuove situazioni sentimentali suggeritegli proprio da Samantha. Bravissime e profonde, come al solito, sono anche le performance dell’istrionica Amy Adams (Amy) – candidata all’Oscar per “American Hustle” – amica di lunga data di Theodore che ha problemi col marito, e Rooney Mara, nel ruolo di Catherine, amore d’infanzia e moglie di Theodore . 

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Ad incornciare il tutto, ci sono la stupenda e calda fotografia di Hoyte Van Hoytema, la scenografia vintage (anche se siamo nel 2025, ricorda molto gli anni ’70) di K.K. Barrett e le musiche di Karen O. e degli Arcade Fire. Tutti fattori curati maniacalmente dallo stesso regista. Quasi sicuramente, “Lei” non riuscirà a portare a casa l’Oscar al Miglior Film, ma Spike Jonze ha decisamente scritto una delle migliori pagine di cinema degli ultimi dieci anni.

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