Melancholia, la fine del mondo vista da Von Trier [la recensione]

La pellicola ruota attorno al rapporto conflittuale tra due sorelle, Claire (Charlotte Gainsburg) e Justine (Kirsten Dunst) molto diverse tra loro, mentre la Terra è minacciata da una catastrofe, per l’imminente collisione con il misterioso pianeta Melancholia.
A cura di Ciro Brandi
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Il nuovo e bellissimo film scritto e diretto da Lars Von Trier arriva nelle sale dopo esser stato presentato in concorso al 64°Festival di Cannes, dove la protagonista Kirsten Dunst ha ricevuto il premio per la miglior interpretazione femminile.

La pellicola ruota attorno al rapporto conflittuale tra due sorelle, Claire (Charlotte Gainsburg) e Justine (Kirsten Dunst) molto diverse tra loro, mentre la Terra è minacciata da una catastrofe, per l'imminente collisione con il pianeta Melancholia.

Ovviamente parlare in questo modo del plot è altamente riduttivo. Il film di Von Trier è moltopiù profondo e assolutamente non appartiene a quella schiera di film catastrofici che siamo abituati a vedere al cinema negli ultimi anni. “Melancholia” è la storia di una dramma interiore, psicologico, una riflessione sulla morte, sulla solitudine, mettendoci subito di fronte la situazione finale e quello che succederà, per poi ripercorrere la vita delle due protagoniste. Infatti il film è diviso nettamente in due parti, ciascuna col nome dei due personaggi protagonisti, Justine e Claire. La storia inizia dal matrimonio di Justine in un bellissimo castello, ma il sorriso della giovane nasconde ben altre inquietudini che il regista segue passo dopo passo, come un’ombra. Claire invece è l’esatto opposto, sposata con John (uno splendido Kiefer Sutherland) e mamma di un bimbo, ha organizzato tutto per il matrimonio di Claire pur di non vederla più triste e depressa. Ma è proprio Claire quella ad avere più paura della fine del mondo, mentre Justine è rassegnata.

Non è difficile vedere in Melancholia la raffigurazione del pianeta Saturno, portatore per antonomasia di morte e sventura, che influisce probabilmente sullo stato d’animo di Justine, rendendola vittima di se stessa e attirandolo a sé, quasi per liberarsi una volta per tutte dalla sua depressione. L’impatto sarà inevitabile e non ci sarà una seconda chance. Tutto finirà, il nostro pianeta sparirà per sempre, confermando l’ipotesi che siamo realmente soli nell’Universo e siamo nulla nelle mani di Madre Natura.

E’ superfluo dire che la regia di Von Trier è ineccepibile, così come la fotografia poetica e sognante di Manuel Alberto Claro e le scenografie di Jette Lehmann. Assolutamente da Oscar.

Voto: 8 ½

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