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“No al premio Monicelli a Verdone, non lo rappresenta”, la vedova del regista si dissocia

Chiara Rapaccini invia una lettera al quotidiano Il Tirreno per esprimere disappunto nei confronti della scelta di consegnare a Verdone il premio intitolato al suo compagno, morto nel 2010. La motivazione: “Non rappresenta, se non in piccola parte, il pensiero e soprattutto il cinema di Mario”.
A cura di Andrea Parrella
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Mario Monicelli è morto da quasi 5 anni, lasciando, con un gesto che gli permise di decidere di sé, un uomo infermo in un letto di ospedale. Decise di togliersi la vita gettandosi dalla sua stanza d'ospedale, rendendo quella morte ancora più simbolica rispetto a quanto lo sarebbe stata anche naturalmente. Regista illuminato, una mente dal pensiero raffinato ma razionale, priva della benché minima contaminazione romantica. Il cinismo fu la sua più grande virtù perché gli permise di dire sempre le cose come stavano e dunque esibendosi in affermazioni mai banali. Tutte cose contenute nel suo cinema. Oggi la sua compagna di una vita, Chiara Rapaccini, rivendica l'onore di quell'artista che, a dispetto di un'immensa popolarità non fu mai nazional popolare. La donna ha scritto una lettera al quotidiano Il Tirreno, sollevando una polemica che difficilmente rimarrà inascoltata:

Leggo che a Grosseto verrà festeggiato il mio compagno di una vita, Mario Monicelli, e il suo centenario, con una cerimonia in cui sarà premiato con il Premio Monicelli, Carlo Verdone. Salvo il rispetto e l’ammirazione per l’opera di Verdone, vorrei tornare a sottolineare come Brizzi, Scamarcio, Veronesi e Verdone non rappresentino se non in piccola parte, il pensiero e soprattutto il cinema di Mario, sempre al confine tra commedia umana, società e politica sofferta

Ecco che la donna che si unì a Monicelli a 19 anni quanto lui ne aveva 59, ripercorre le gesta filmiche di quell'uomo con cui mise al mondo una figlia, evidenziandone la poetica e provando a scacciare ogni tentativo, volontario o meno, di ridimensionamento: "Sono stata più volte interpellata per suggerire a Mario Sesti, organizzatore e direttore del Premio Monicelli, modalità e nomi per dare lustro e popolarità al Premio grossetano. Ho chiesto che si tenesse conto del Monicelli pensatore rivoluzionario, attuale e, quel che più conta, amato dai giovani, più che all’autore di commedia tout court. Vorrei ricordare come Mario sia l’autore di film come La grande Guerra, Vogliamo i colonnelli, Un borghese piccolo piccolo e I compagni, opera, quest’ultima, attualissima in un momento di grave crisi italiana in cui la spaccatura tra classe dirigente e classe lavoratrice è evidente e tremenda. Mario sarebbe stato attivo in questo malaugurato momento storico e avrebbe fatto sentire il suo dissenso […] Il mio compagno e io abbiamo amato la Maremma e vi abbiamo vissuto felicemente per anni, ma ora ho l’impressione non gradevole che il suo nome e il “cappello” di “anno monicelliano”, venga usato per scopi un po’ “nazional popolari”.

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