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Oscar 2018

Oscar 2018 a “Chiamami col tuo nome” per la Miglior sceneggiatura non originale

L’Italia ha il suo vincitore anche agli Oscar 2018. Il film di Luca Guadagnino, infatti, ha vinto l’ambito premio per la Migliore sceneggiatura non originale, scritta dal grande James Ivory e basata sull’emozionante romanzo di André Aciman. Un riconoscimento che arriva dopo un anno costellato da successi clamorosi in tutto il mondo.
A cura di Ciro Brandi
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L’Italia ha il suo vincitore anche agli Oscar 2018. “Chiamami col tuo nome” di Luca Guadagnino, infatti, ha vinto l’Oscar per la Miglior sceneggiatura non originale, scritta dal grande James Ivory e basata sull’omonimo romanzo di André Aciman, pubblicato in Italia nel 2008. Il film è stato presentato in anteprima, lo scorso gennaio, al Sundance Film Festival, poi al Festival di Berlino, nella sezione Panorama e anche al Toronto International Film Festival, dove si è classificato terzo. In tutte le kermesse a cui ha preso parte, la critica ne ha sempre elogiato la sceneggiatura e, adesso, l’Academy ha deciso di assegnargli il premio più ambito in assoluto.

La stupenda storia d’amore tra Oliver e Elio

La pellicola è ambientata nel Nord Italia, durante l’estate del 1983. Qui, Elio Perlman (Timothée Chalamet), un precoce diciassettenne americano, vive nella villa del XVII° secolo di famiglia passando il tempo a trascrivere e suonare musica classica, leggere, e flirtare con la sua amica Marzia. Mentre la sofisticazione e i doni intellettuali di Elio sono paragonabili a quelli di un adulto, permane in lui ancora un senso di innocenza e immaturità, in particolare riguardo alle questioni di cuore. Un giorno, arriva Oliver (Armie Hammer) un affascinante studente americano, che il padre di Elio ospita per aiutarlo a completare la sua tesi di dottorato. In un ambiente splendido e soleggiato, Elio e Oliver scoprono la bellezza della nascita del desiderio, nel corso di un'estate che cambierà per sempre le loro vite.

Gli inizi di James Ivory

Per James Ivory, classe 1928, questo Oscar è la ciliegina sulla torta di una carriera costellata da moltissimi successi. Dopo la laurea alla Southern University della California in cinema e televisione, dove presenta come tesi un documentario, “Venice: Themes and Variations”(1957) e già nel 1959, si reca in India dove realizza un altro documentario, “The Sword and the Flute”. Il primo lungometraggio, invece, è “The Householder – Il capofamiglia”(1963), seguito da “Shakespeare Wallah”(1965), “Il guru”(1969), “Il racconto di Bombay”(1970) e “Selvaggi”(1972).

“Casa Howard” e la passione per i capolavori della letteratura

Dal 1979, Ivory inizia a girare pellicole tratte da grandi capolavori della letteratura mondiale, iniziando con “Gli Europei”, trasposizione del bellissimo romanzo di Henry James. D’ispirazione letteraria è anche “Jane Austen a Manhattan”(1980) mentre “Quartet”(1981) è tratto dall'omonimo romanzo di Jean Rhys. Uno dei suoi più grandi successi è, senza dubbio, “Camera con vista”(1985), tratto dal romanzo di E.M. Forster, ambientato in Italia e interpretato da Daniel Day-Lewis, Helena Bonham Carter, Maggie Smith e Judi Dench. Il film fu candidato ad otto Oscar  e ne vinse tre premi: Migliore sceneggiatura non originale (a Ruth Prawer Jhabvala), Migliore scenografia e Migliori costumi. Altri suoi due grandissimi capolavori sono “Casa Howard”(1986), tratto ancora da un romanzo di E.M. Forster, e “Quel che resta del giorno”(1993), dall’omonimo romanzo di Kazuo Ishiguro. Entrambe le pellicole hanno come protagonisti Anthony Hopkins ed Emma Thompson e la prima vinse 3 Oscar (Migliore sceneggiatura non originale, Migliore attrice protagonista e Migliore scenografia)  mentre la seconda fu candidata ad 8 statuette.

Il tocco di Ivory sul romanzo “Chiamami col tuo nome”

Gli ultimi film, che ha scritto e diretto, sono “La figlia di un soldato non piange mai”(1998) e “Le Divorce – Americane a Parigi”(2003) mentre di “The Golden Bowl”(2001), “La contessa bianca”(2005) e di “Quella sera dorata”, compare solo come regista, affidando lo script alla fidata Ruth Prawer Jhabvala.  Per “Chiamami col tuo nome”, la produzione ha contattato Ivory nel 2014, con una prima versione della sceneggiatura che l’artista ha totalmente riscritto. Uno dei cambiamenti rispetto al romanzo è stato quello di raffinare la professione del padre, trasformandolo da studioso di lettere classiche a storico dell’arte e archeologo. Il romanzo di Aciman, poi, è un frammento di memoria raccontato dalla prospettiva di Elio, ma i realizzatori lo hanno inserito nel presente e, mentre la sceneggiatura originale di Ivory aveva una discreta quantità di narrazione vocale, nella resa finale del film non è stata apportata, optando per parti più dialogate. Il bellissimo e commovente monologo del padre di Elio, invece, è stato lasciato quasi intatto e solo poche frasi sono state eliminate. Si può ampiamente dire che, solo per quella scena, l’Academy doveva assegnargli l’Oscar ad honorem.

Questo il suo discorso di ringraziamento agli Oscar 2018:

Vorrei ringraziare l'autore di Chiamami col tuo nome, André Aciman, che è qui stasera e del quale conosciamo la storia, Tutti noi siamo passati attraverso l’esperienza del primo amore e se siamo usciti indenni. Vorrei ringraziare Luca Guadagnino e la sua sensibilità di regista. Tutti li attori senza i quali non sarei qui, senza la loro ispirazione. Ho lavorato per 50 anni e sono arrivato fin qui stasera, e per questo vorrei ringraziare l’Academy per avermi premiato.

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