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Professione assassino, la recensione

Statham è Arthur Bishop, un killer a pagamento solitario e spietato. Bishop frequenta solo una prosituta e il suo mentore Harry McKenna (Donald Sutherland). Il suo prossimo incarico però è proprio l’uccisione di McKenna, accusato di essere un traditore.
A cura di Ciro Brandi
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Professione-assassino

Il regista Simon West firma questo rocambolesco remake (Il titolo originale è “The Mechanic”) dell’omonima pellicola del 1972, con Charles Bronson. Nella versione 2011, il protagonista assoluto è il nerboruto Jason Statham, idolo action dell’ultimo decennio.

in "Professione Assassino", Statham è Arthur Bishop, un killer a pagamento solitario e spietato. Bishop frequenta solo una prosituta e il suo mentore Harry McKenna (Donald Sutherland). Il suo prossimo incarico però è proprio l’uccisione di McKenna, accusato di essere un traditore. Arthur, suo malgrado, porterà a termine la missione, ma al funerale dell’amico incontra il figlio Steve (Ben Foster), un ragazzo dalla forte personalità con l’indole da killer. Arthur decide di assoldarlo come spalla, tenendolo all’oscuro di tutto quello che era successo col padre. Il destino però ha in serbo per Bishop sgradite sorprese.

Statham, come dicevamo, è il re indiscusso delle pellicole action, e raccoglie il testimone da Jean-Claude Van Damme, Bruce Willis e Arnold Schwarzenneger (con cui girerà il seguito de “I Mercenari”, che sarà diretto proprio da Simon West). Non è stato facile, comunque, per lui interpretare il ruolo che nel 1972 segnò il successo del giustiziere della notte, Charles Bronson. La responsabilità è stata pesante, ma Statham è riuscito nell’impresa perchè la sua prova – soprattutto fisica – è apprezzabile, mentre lo sguardo, l’atteggiamento, lo stile e la carica emotiva sono sempre uguali in ogni film girato nella sua carriera. Un pò meno soddisfacente, dunque, è la parte attoriale ma anche quella riguardante la sceneggiatura. L’attore è affiancato dal bravissimo Donald Sutherland, che in questo film, purtroppo, conta molto poco, quasi una partecipazione lampo che non lascia il minimo segno. Buona la prova di Ben Foster, anche se il suo personaggio non è coinvolgente al 100% come poteva potenzialmente essere se lo script fosse stato curato con maggiore attenzione.

Per quanto riguarda la regia di West, il suo marchio ormai è ben rodato: sequenze veloci, eccessi, coreografie action al limite del surreale e colpi di scena alquanto forzati e già visti in qualsiasi thriller/action di ultima generazione.

Voto: 6-

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