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Sabina Guzzanti scuote Venezia71: “La trattativa Stato-mafia ha cambiato l’Italia”

La mafia, lo stragismo, le negoziazioni democristiane e l’emergere di Forza Italia come punto di riferimento della mafia. “La trattativa” porta fuori concorso a Venezia le tesi di Sabina Guzzanti, che si è raccontata ai microfoni di Fanpage.it.
A cura di Gabriele Niola
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Quello che Sabina Guzzanti sta cercando di realizzare di film in film è un racconto dell’attualità italiana, una cronaca dell’immediato aperta a tutti i problemi, le controversie e le possibili miopie che possono conseguire. La trattativa in particolare mette in scena un misto di fatti acclarati e supposizioni usate per colmare i molti buchi che la giustizia non è ancora riuscita a colmare, facendo sempre attenzione a precisare cosa sia indubbio e cosa invece opinabile per dimostrare la tesi di fondo della Guzzanti, ovvero che c’è effettivamente stata una trattativa stato-mafia a seguito degli omicidi di Falcone e Borsellino. E per operare questa strana ricostruzione tra il vero e il soggettivo sfrutta un’aperta finzione con pochi materiali di repertorio.

Sabina Guzzanti stessa e altri attori si presentano e spiegano che metteranno in scena come in un teatro le molte scene che non sono mai state filmate come i colloqui tra pentiti o le conversazioni cruciali che non si possono provare ma solo tentare di immaginare a partire da dichiarazioni, deposizioni e interviste (anche ex novo fatte dalla stessa Guzzanti). Di umoristico c’è poco (ma qualcosa c’è, nella finzione spesso vengono inserite piccole gag) di nuovo niente, perché La trattativa non è un documentario d’inchiesta che scopre qualcosa quanto, per usare le parole della stessa Guzzanti, “un racconto fatto perché tutto sia più chiaro, prendere verbali e sentenze e trasformarle in storia, qualcosa che nessuno aveva fatto fino ad ora. Un saggio è una serie di fatti messi in fila, una sceneggiatura assolutamente no, è strutturata per essere chiara ed esplicativa”.

Nel processo di fare questo film ci sono stati dei momenti in cui hai avuto paura per la tua incolumità?
Un po’ sì, ogni tanto ti viene da pensare che magari ti braccheranno o ti perseguiteranno ma sono solo paranoie. Alla fine si tratta di tutti fatti noti, solo che non sono “davvero” noti a tutti perché non sono mai stati raccontati per bene al grande pubblico.

Inevitabilmente usciranno delle polemiche, come ti porrai?
Dipende dalla loro natura. Di quelle fatte pretestuosamente per riempire i giornali me ne frego, sarei però felice se suscitasse discussioni e parteciperei volentieri.

Ti sei avvalsa della collaborazione di qualcuno per essere sicura della correttezza della ricostruzione?
Mi sono documentata moltissimo in prima persona ma poi il film l'ho fatto vedere in anteprima a giornalisti che si sono occupati di mafia per avere il loro parere.

Pensi che possa essere gradito dal pubblico o piacerà solo ai soliti già convinti?
Non lo so e non mi interessa. Penso che il marketing sia un'ideologia pericolosissima, il nemico numero uno della nostra felicità. Nessuno sa cosa veramente vuole il pubblico e cosa sia una tendenza.

Gli eventi che ricostruisci seconde te ci hanno cambiato?
L'Italia prima e dopo le stragi cambia, cambiano i valori, la cultura, la televisione. E credo che la cultura dominante oggi sia la cultura mafiosa. Concetti come “non sputare nel piatto in cui mangi” sono concetti di mafia, l'aver accettato la raccomandazione abbozzando è una cosa mafiosa.

E anni fa non c’erano?
Sì, c'erano anche negli anni ‘60 ma c'era anche una forte opposizione, in modo che si stabilisca una dialettica. C’era il democristiano che rubava ma anche un partito comunista, degli intellettuali, un cinema e una televisione migliori, il livello di discussione tra gli studenti anche era di un certo tipo e ti faceva vivere tutto diversamente perché quello marcio non ti appariva come l'unico mondo possibile.

Nel film ha una parte importante Ciancimino, la scoperta dell’ambiguità di alcune sue affermazioni ti ha posto dei problemi?
È stato un punto d'arresto. Ciancimino infatti alla fine nel film è trattato anche lui in modo satirico proprio per prevenire quelli che dicono che diamo credibilità a gente che non ne ha. È una testimonianza e va trattata come tale. Ci sono documenti che lui ha portato che sono stati riconosciuti come autentici e non si capisce perché non si debbano utilizzare, ci sono invece affermazioni che non hanno mai avuto riscontro che non si devono utilizzare.

Ad un certo punto rivediamo l’imitazione di Berlusconi. Hai pensato di imitare Renzi?
È un po' che non faccio imitazioni e sinceramente non ne ho molta voglia.

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