Salvatore Esposito: “In Spaccapietre mostro gli orrori del caporalato. Gomorra 5? Stiamo tornando”
Salvatore Esposito è il protagonista di "Spaccapietre", il film che segna il ritorno di Gianluca e Massimiliano De Serio ed è in sala dopo la presentazione alla Mostra del cinema di Venezia 2020, in concorso nella sezione Giornate degli Autori. Una pellicola dura e intensa che parla di uno dei grandi drammi "nascosti" dell'Italia marginale: il caporalato e lo sfruttamento della manodopera nei campi, con un riferimento all'autobiografia dei registi. "Spaccapietre" racconta però anche l'intenso rapporto tra il protagonista Giuseppe (Esposito) e il figlio Antò (Samuele Carrino) e l'elaborazione del lutto dopo la morte della moglie/madre Angela. Ne abbiamo parlato con Salvatore Esposito, che ci ha parlato anche dell'esperienza alla Mostra di Venezia e dei suoi nuovi progetti, da "Fargo" a "Gomorra 5".
Come ti sei preparato per il ruolo? I registi si sono in parte basati sulla storia dei loro nonni (la nonna morì mentre lavorava nei campi nel 1958, il nonno era uno spaccapietre), ti sei ispirato a persone che hai conosciuto?
Già tre anni fa ho partecipato a un film, "Veleno" (di Diego Olivares, ndr), che raccontava un altro grande dramma che è quello della Terra dei Fuochi. Ero già abbastanza preparato per quel tipo di racconto, perché avevamo fatto un lavoro di ricerca, per scoprire le orribili cose che avvenivano in determinate zone, determinati campi. Ho solo dovuto approfondire l'argomento. Però credevo che questo fenomeno, il caporalato, fosse diffuso solo in certe zone del Meridione. Invece in alcuni casi forse è ancora più diffuso al Nord. La cosa ancora più sconvolgente è stato scoprire che oltre ai lavoratori extra-comunitari tra gli sfruttati ci sono anche tantissimi italiani.
Il caporalato è un dramma molto attuale, immagino sia stato difficile affrontare questa tematica, in un film così duro.
Soprattutto perché è una tematica che non è stata molto trattata. Ed è strano perché non è qualcosa di nuovo: la nonna dei registi morì per un malore lavorando nei campi negli anni '50. Parliamo di 70 anni fa, è assurdo che ancora oggi ci troviamo ad affrontare questo problema per cui non sono state attuate le giuste contromisure. Da cittadino italiano sapere che ancora oggi lavoratori vengono sfruttati e vivono in condizioni disumane è una cosa mostruosa.
L'altro tema centrale è il rapporto tra un padre e un figlio, costretti a vivere in una situazione estrema e a elaborare un lutto terribile. Un ruolo molto impegnativo emotivamente, anche per il doversi rapportare costantemente con un attore giovanissimo, Samuele Carrino.
Posso garantire che Samuele sembrava avere l'esperienza di un veterano. Questo non ha fatto altro che agevolare il mio compito. Si è creato un bellissimo rapporto dentro e fuori dal set e questo ci ha aiutato a creare questo legame che è fondamentale per raccontare la promessa che Giuseppe fa a suo figlio, il viaggio all'interno di questa favola nera che lo porterà a mantenere quella promessa.
A breve ti vedremo nella quarta stagione di "Fargo". Com'è passare da un piccolo film d'autore a basso budget come quello dei De Serio a una produzione americana?
Il passaggio è stato enorme! Però non mi soffermo su queste cose, tutti i miei progetti passati e futuri sono scelti esclusivamente in base alle quello che posso dimostrare come attore e soprattutto all'opportunità di raccontare storie che arrivino alla gente, che lascino qualcosa a chi va al cinema o a chi ti guarda in tv. "Fargo" è stata una mega produzione, mi ha fatto crescere veramente tanto.
Com'è essere alla Mostra di Venezia nell'anno del Covid?
All'inizio sembra di non essere a Venezia. Questo muro che evita assembramenti vicino al red carpet è soffocante, così come l'assenza di pubblico. Venezia è calore, gente. Da un altro punto di vista è bello, perché significa che c'è una ripartenza. Il cinema italiano ne ha bisogno, ne hanno bisogno gli attori, i registi, i produttori, gli esercenti. È bello che Venezia sia il primo grande festival internazionale a dare questo segnale forte.
Spaccapietre è uscito in sala lo stesso giorno della presentazione a Venezia. Speriamo che abbia un certo successo al cinema, considerato il periodo.
Noi lo speriamo, stiamo spingendo con tutte le nostre forze. Però non è facile, non è facile neanche per gli esercenti, che spesso preferiscono contare su blockbuster o nomi grossi per avere il guadagno assicurato. Io penso che per legge almeno il 20% delle sale dovrebbe essere dedicato al cinema italiano, a pellicole d'autore. Sono tra quelli che spingono perché venga introdotta l'ora di cinema nelle scuole. Non perché film e serie tv abbiano un potere pedagogico, ma perché è giusto che i ragazzi crescano con una coscienza dopo aver visto determinate cose e riescano a farsi un'idea propria e non un'idea traslata dai social o dagli amichetti. Il cinema dà la possibilità di scegliere e di crescere. Trovo assurdo che siano stati tagliati fondi scolastici per l'arte e la cultura in una scena come quella italiana: senza arte e senza cultura, la nostra Storia inizia a sgretolarsi. Siamo conosciuti nel mondo proprio per queste qualità. Chi andrà al governo dovrà impegnarsi per fare di più.
Hai parlato di scuola e di sala: sostieni quest'ultima, a fronte del trend dello streaming?
Io sostengo la sala. Ma ognuno di noi passa un tot di ore al giorno al cellulare e bisogna dare la possibilità di vedere determinati film anche a chi non riesce ad andare al cinema. Mi spiego: in un calcolo medio, una famiglia normale con genitori e due figli che va al cinema spende 70 euro, tra biglietti, benzina, popcorn, ecc. Quante famiglie italiane possono permettersi di spendere 70 euro a settimana? Sono 280 euro al mese, a fronte di stipendi da mille euro. Bisogna fare un calcolo reale delle necessità delle persone.
Un'ultima domanda inevitabile: puoi svelarci qualche anticipazione su "Gomorra 5″?
Posso dire poco, perché non ne so moltissimo. Tutto è slittato a causa del Covid. Dovremmo iniziare le riprese. Posso solo dire che stiamo tornando. Della data di uscita non sappiamo nulla, noi siamo gli ultimi a saperla.