“Doctor Strange”, il tassello mancante alla perfezione dell’Universo Marvel
Il regista Scott Derrickson ha aggiunto il tassello mancante all’Universo cinematografico Marvel. Sembrava, ormai, impossibile apportare qualcosa di nuovo alla parabola ascendente di successi come “Iron Man”, “The Avengers”, “Captain America: Civil War” e altri, ma il giovane regista americano, con "Doctor Strange", ha superato le aspettative, e incassi e critica lo stanno già premiando. La storia è quella del neurochirurgo, arrogante ma di grande talento, Stephen Strange. Dopo un terribile incidente d’auto il dottore deve mettere l’ego da parte e imparare i segreti di un mondo nascosto fatto di misticismo e dimensioni parallele.
Dal Greenwich Village di New York City, Doctor Strange dovrà fare da intermediario tra il mondo reale e quello che si cela oltre, utilizzando una vasta gamma di abilità metafisiche per proteggere l’Universo. Derrickson, grazie anche al supporto alle scenografie di Charles Wood e alla fotografia di Ben Davis, ci porta in un’atmosfera fatta di labirinti, mondi paralleli, porte astrali, un terzo occhio, arti mistiche e marziali, strizzando l’occhio al cinema metafisico e surreale di Nolan (vedi “Inception”), ma seguendo un sentiero più lineare e meno concettuale.
La bravura dell'istrione Cumberbatch
Come tutti gli altri film Marvel, anche “Doctor Strange” è visivamente spettacolare e impressionante. Derrickson non si è risparmiato in quanto a CGI e, mai come in questo caso, l’uso del 3D è dannatamente funzionale alla pellicola, in quanto alcune scene proiettano lo spettatore direttamente nell’azione, o lo spingono all’indietro, ma senza nauseare o destabilizzare. Tutto è innegabilmente retto dalla grande performance di Benedict Cumberbatch, le cui capacità attoriali sono fuori discussione, ma che in “Doctor Strange” mostrano ancora un altro lato che, probabilmente, neanche i suoi fan più accaniti si aspettavano. Il film è una sorta di percorso formativo del personaggio, che ci viene presentato come medico arrogante e sicuro di se, passando poi per la fase di decadimento fisico post-incidente e rinascita in Nepal.
Cumberbatch si trasforma e si adatta come un camaleonte alle diverse situazioni, dimostrando forza, ironia, abilità fisiche e un carisma difficilmente paragonabili ad altri personaggi Marvel (escludendo, forse, Tony Stark). Bisogna, però, dire che la produzione e il regista sono stati anche bravi a circondarlo di attori altrettanto magnetici come Tilda Swinton, semplicemente divina nei panni dell’androgino e misterioso Antico, lo stregone che gli farà conoscere la sua vera e profonda forza interiore; Mads Mikkelsen, nei panni del malvagio Kaecilius, ex allievo dell’Antico, passato poi alle forza oscure di Dormammu; Chiwetel Ejiofor e Benedict Wong, rispettivamente nei ruoli dei maestri Karl Mordo e Wong e Rachel McAdams, nella parte dell’ex-fidanzata Christine, che darà il suo contributo alla lotta contro il male.
La mente come arma letale e i punti deboli
Ciò che colpisce di più, è la voglia di Derrickson di fare di “Doctor Strange” un film più mentale che fisico, quindi se vi aspettate battaglie all’ultimo sangue, colpi proibiti e martelli rotanti, non è il film Marvel che fa al caso vostro, perchè anche il finale si giocherà sul piano dell’astuzia e non su chi ha più armi o muscoli. Punti deboli? Beh, se si vuole essere proprio puntigliosi, allora si può dire che Derrickson poteva sfruttare di più i personaggi secondari, come Kaecilius e Christine, e “accorciare” la prima parte del film, un tantino didascalica e inutilmente prolissa, però sono solo gocce in un oceano di elementi grandiosi e miscelati alla perfezione. Ultima cosa: non azzardatevi ad andare via senza vedere la scena dopo i titoli di coda.