I film italiani stanno perdendo il pubblico giovane. Non ci sono dati per poterlo dire con certezza ma la sensazione è questa, lo dicono i produttori e distributori riuniti assieme agli esercenti delle sale, tutti insieme nella conferenza in cui come ogni anno vengono presentati i risultati della precedente annata. E il 2015 è stato un anno niente male per il cinema, gli incassi sono stati superiori sia al 2014 che al 2013 e al 2012, ma principalmente grazie al cinema americano. Per arrivare al totale di 637 milioni di euro portati da 99 milioni di spettatori, ci sono voluti i grandi film di Hollywood che possono prendersi il merito del 60% della fetta, mentre il cinema italiano ha contribuito per il 20%. Solo 3 anni fa la quota italiana era del 30%, la perdita dunque è di circa un terzo del pubblico.
Il film dal maggiore incasso è stato Inside out con 25 milioni incassati, seguito dai 23 milioni di un’altra opera d’animazione, Minions, e poi da Star Wars – Il risveglio della forza con 20 milioni (ma attenzione vengono considerati solo gli incassi fatti nel 2015). Il primo italiano in classifica è all’ottavo posto ed è Alessandro Siani con Si accettano miracoli. In generale nei primi 25 titoli per incasso ci sono solo 4 film prodotti nel nostro paese (oltre a Siani anche Vacanze ai Caraibi, Natale col boss e Youth di Sorrentino). Dunque mentre si può dire che sia stato l’anno della Universal, la casa americana che ha raccolto di più con i grandissimi successi di Minions, Fast & Furious 7, Jurassic World, 50 sfumature di grigio e Hunger games, i film italiani non solo non hanno incassato molto ma sono anche cresciuti di numero.
Troppi film, pochi soldi
Già l’anno scorso avevamo riportato come il problema principale dell’industria ad oggi sia la sovrabbondanza di titoli. Giriamo molti più film di quanti gli spettatori siano disposti a guardare, giriamo più film di qualsiasi altro paese in Europa e abbiamo una stagione molto corta. In Italia cioè non si va al cinema tutto l’anno, solo da Settembre a Maggio/Giugno, il che significa che abbiamo tanti film in poco tempo, tutti accavallati e incapaci spesso di stare in programma il tempo giusto per massimizzare gli incassi. E se il successo di Quo vado? in questi giorni porterà ad un 2016 tutto in crescita, è anche chiaro a tutti gli operatori che, purtroppo, un caso unico per quanto clamoroso non conta niente, serve avere continuità. Soprattutto serve il pubblico nuovo.
“Li stiamo perdendo” spiega Riccardo Tozzi presidente Anica, cioè l’associazione dei produttori e distributori italiani, nonchè produttore della Cattleya la casa che ha prodotto tra gli altri anche di Romanzo Criminale e Gomorra “non siamo più in contatto con i giovani, i quali vanno a vedere i film stranieri perché li preferiscono”. I soldi per fare film in Italia sono sempre 300 milioni di euro, ovvero il totale dei budget sommati insieme, però i film prodotti aumentano, il risultato è che ogni opera è prodotta con meno denaro: “Circa 3 anni fa il budget medio di una produzione italiana era sui 2 milioni di euro, nel 2015 è stato di 1,2 milioni di euro. Giriamo sempre più al risparmio e la differenza si vede. Il pubblico giovane se ne accorge”.
La guerra con l'home video
Il paradosso è che bisognerebbe essere felici di quanto il cinema, inteso come la sala cinematografica, nel 2015 abbia resistito bene all’attacco dei nuovi media e delle nuove modalità di fruizione domestica. Sia operatori come Sky che il neoarrivato Netflix offrono sempre più un intrattenimento di qualità dentro le mura di casa, eppure il cinema continua ad attirare spettatori. È una notizia ottima tranne per chi lavora nel cinema italiano: “Quando in casa hai ottimi prodotti, serie e film di qualità, allora il cinema diventa un evento, per uscire di casa devi sapere di andare a vedere qualcosa di eccezionale. I film americani lo danno, noi meno”. Se i problemi sono chiari le risposte lo sono un po’ meno.
“Fare un cinema per giovani non è semplice abbiamo disimparato a farlo” dice Francesca Cima di Indigo, i produttori sia dei film di Paolo Sorrentino, sia di Il ragazzo invisibile il cinefumetto di Salvatores che ora avrà un seguito proprio per cercare di prendere il pubblico più giovane “Ma c’è molta resistenza a questi prodotti nel settore. Il fatto che stiamo facendo il seguito del nostro cinefumetto è visto con ostilità”. Stranamente sembra però che la televisione ci riesca bene a realizzare prodotti che incrociano il gusto più giovane e lo stesso Tozzi con le sue serie tv criminali l’ha dimostrato: “È vero” risponde “Ma poi gli stessi autori e gli stessi temi al cinema, e penso a Suburra, non vanno così bene e non sono scelti dai giovani. Credo che la televisione sia più moderna e reattiva, dobbiamo trovare altro per la sala. Stiamo lavorando per avere delle rilevazioni in stile auditel anche per i cinema, così da avere dati demografici su chi entra in sala oltre che il semplice numero di quanti erano”.