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La Corea attacca Sony e blocca The interview, ma chi fermerà internet?

Dopo gli attacchi al grande studio le catene di cinema hanno deciso di non programmare il film e Sony ne ha cancellato la distribuzione. La Corea del Nord ha vinto ma ora il film sarà più visto che mai.
A cura di Gabriele Niola
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La Corea del Nord ce l’ha fatta. Voleva bloccare The interview, il film con Seth Rogen e James Franco che prende in giro il leader Kim Jong-un, e ha prima fatto richieste ridicole all’ONU, poi mobilitato i suoi hacker. Il gruppo Guardians of peace ha così portato a termine il più grande leak di sempre relativo a dati e documenti di uno studio cinematografico, spaventando le sale cinematografiche statunitensi che hanno infine deciso di non mettere il film in cartellone. La Sony si è quindi vista costretta ad annunciare che non distribuirà in nessuna maniera il film.

Obiettivo raggiunto. La Corea del Nord ce l’ha fatta ad ottenere che il grande studio non potesse distribuire il film ma non ha considerato che il resto del mondo non vive nella Corea Del Nord, dunque il film si vedrà lo stesso. Anzi sicuramente, dopo tutto questo baccano, sarà molto più visto di quanto non sarebbe stato. Quello che probabilmente è meno noto dalle parti del palazzo di Kim Jong-un è che nel resto del pianeta la sala non è più il luogo principale in cui vengono visti i film e, più in grande, gli studios hanno perso la proprietà delle opere che realizzano. La pirateria ha raggiunto un livello di pervasività tale che non esiste più nulla che sia invisibile. Spezzoni tagliati, scene scartate, film che vengono tenuti segreti o anche sceneggiature, ogni cosa penetra in rete ad un certo punto. Lo stesso accadrà inevitabilmente per The interview, di cui già sono online (addirittura su YouTube) le parti più salienti.

È stato tramite internet che si sono vendicati ma sarà internet a far girare quel film che volevano bloccare più di quanto qualsiasi operazione di marketing sarebbe riuscita a fare. Purtroppo per Sony gli unici a doversi leccare le ferite saranno loro. Il film sarà visto ma loro non riceveranno un soldo e ancora devono stimare quanto gli sia costata la pubblicazione dei loro scambi email e dei dettagli su tutti i progetti futuri. Questo potrebbe indurre altre grandi compagnie a pensarci due volte prima di fare un film che prenda in giro la Corea Del Nord ma per quanto? Per quanto il mondo in cui vive la Corea Del Nord (quello in cui con la forza è possibile fermare tutto) reggerà di fronte all’inafferrabile proprietà liquida della rete, che decentra la comunicazione e rende sempre più difficile individuare un responsabile per le fughe di dati o notizie?

Lo ricorderemo a lungo questo giorno, quello della vittoria di Pirro della Corea del Nord contro Hollywood, perchè ha ribadito a tutti il potere che il cinema ancora detiene in quella parte del mondo (da noi lo si diceva negli anni ‘60 che “il cinema può cambiare il mondo” ma oggi sappiamo che non è vero) e più in grande ha rimesso al centro della scena la forza eversiva della comicità contro i potenti, una così devastante che l’ingenuo Kim Jong-un ha creduto opportuno fermare a tutti i costi. In molti vanno sbandierando il fatto che in anni di cinema fuori dalle sale, di pirateria, di profluvio di webserie e di video che si moltiplicano, l’immagine sta perdendo il suo ruolo, che il troppo stroppia e che tutto ciò ha svalutato la forza del cinema. La storia di The interview ci dimostra il contrario. L’immagine, le storie, il cinema (soprattutto se grande come quello americano) hanno un potere ancora molto forte e internet non lo sta sminuendo, anzi, lo sta amplificando portandolo ovunque, contro qualsiasi tipo di blocco.

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