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La vittoria in solitaria di Gianfranco Rosi

Con il documentario Fuocoammare sbanca la Berlinale, secondo premio importante dopo il leone d’oro con il precedente Sacro GRA. Meryl Streep all’orecchio “Ormai le differenze tra documentario e film di finzione non hanno più senso. Ha senso solo l’emozione, ti abbiamo premiato senza pensare al genere”
A cura di Gabriele Niola
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Gianfranco Rosi ha vinto l’Orso d’oro per il miglior film al Festival di Berlino quasi da solo, girando il suo film Fuocoammare senza nessuna troupe, com’è suo stile. In buona sostanza c’è nessuno dietro di lui quando riprende. Un one man band.
Già Leone d’oro solo due anni fa con il bellissimo documentario Sacro GRA, Rosi è uno dei principali artefici del nuovo corso del cinema documentaristico, una scuola di cui l’Italia è la portabandiera non solo con lui, ma anche tramite i film di Pietro Marcello, Roberto Minervini e Michelangelo Frammartino. Tutti nomi poco noti al grande pubblico ma notissimi ai festival, corteggiati e invitati ovunque, imitati e studiati. Se i documentari tradizionali raccontano, alle volte benissimo, fatti, storie e personaggi, loro inseriscono sempre un po’ di finzione, mescolano le carte o anche solo fanno procedere le storie vere come fossero storie finte. In buona sostanza contrabbandano nel documentario le tecniche del cinema di finzione.

I risultati sono film sorprendenti che non si fermano alla realtà superficiale, a quello che si vede, ma ne cercano una più profonda e più poetica, per raggiungere la quale c’è bisogno di utilizzare gli strumenti dei “cugini”, cioè i film con attori e sceneggiature. Per questo chiaramente occorre anche cambiare il metodo di lavoro, non si può girare un film diverso attraverso lo stesso processo e tra tutti Gianfranco Rosi è quello con il metodo più originale. Imbracciando una videocamera ARRI di nuova generazione, equipaggiata con microfoni direzionali, si muove da solo nei luoghi che vuole esplorare. Si sposta là dove pensa sia opportuno esplorare e vive circa un annetto riprendendo e cercando i suoi soggetti o le sue storie.

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Per Sacro GRA ha girato il raccordo anulare di Roma per quasi 9 mesi, parlando, incontrando, riprendendo ed esplorando. Così aveva ottenuto non solo la scoperta di un’umanità mai vista prima al cinema, vera e poetica al tempo stesso, ma l’aveva anche presentata giocando con i generi del cinema, dall’horror alla commedia. Per un suo documentario ancora precedente, Below Sea Level, aveva fatto avanti e indietro per 5 anni da e verso una comunità che vive nei deserti della California. Ora invece per Fuocoammare è andato a Lampedusa per un anno, è stato lì quasi 12 mesi, a riprendere sia gli sbarchi con tutto quello che implicano (tragedia della morte, gioia di avercela fatta), sia le persone che lavorano per accogliere, curare e salvare i migranti, sia infine le peripezie di un bambino che con gli sbarchi non centra niente, sebbene viva lì. Da quest’accostamento quasi paradossale e dettato dall’improvvisazione nasce il film.

Alla Berlinale Rosi ha impressionato, la giuria presieduta da Meryl Streep che l’ha premiato con la massima onoreficienza, battendo tutti i film di finzione che erano in gara. Proprio la Streep, nel consegnare l’Orso d’Oro sul palco gli ha sussurrato all’orecchio: “Ormai le differenze tra documentario e film di finzione non hanno più senso. Ha senso solo l’emozione, ti abbiamo premiato senza pensare al genere”. Il cinema italiano da diversi anni vince a quasi tutti i festival più importanti, il che significa anche incidere ogni volta una tacca nel cambiamento e l’evoluzione di quest’arte. Tra tutte le vittorie però queste di Rosi sono forse le meno attese, vista la particolarità, e le più gradite, visto quanto certificano il fatto che oggi, l’avanguardia del cinema più moderno la si trova da noi, in Italia e soprattutto nei film di questo straordinario one man band.

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