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Largo ai giovani a Cannes, quest’anno in gara nemmeno un Sorrentino

Tra i grandissimi maestri emersi negli anni ’90 e i due giovani che sono esplosi da poco (Alice Rohrwacher e Xavier Dolan), la selezione del Festival di Cannes 2014 affoga una serie di autori 40enni mediocri che ancora devono dimostrare tutto.
A cura di Gabriele Niola
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Alice Rohrwacher e Xavier Dolan
Alice Rohrwacher e Xavier Dolan

Se si dovesse giudicare lo stato del cinema mondiale dalla selezione del festival di Cannes 2014 si dovrebbe dire che, dopo molto agonizzare con una generazione di 40enni deboli e privi di mordente, si ritorna a vedere la luce con le nuove leve 20-30enni. Ovviamente non ci si dimentica che solo l’anno scorso abbiamo visto film di ottimi 40enni come Asghar Farhadi, Paolo Sorrentino, Sofia Coppola e Nicolas Winding Refn, tuttavia è anche molto evidente come quest’anno la parte interessante della selezione, quella da attendere con bramosia, riguardi più che altro vecchi maestri e giovanissime leve. Decisamente meno fulminante quindi la generazione di mezzo, come se (eccezioni meritevoli a parte) dopo la grande infornata di talenti emersi nel giro autoriale durante gli anni ‘90 ci fosse stata una stanca e ora si ricominciasse a vedere una luce.

Questa luce, è stato scritto un po’ ovunque, è rappresentata da Xavier Dolan e Alice Rohrwacher, 25 anni il primo e 33 la seconda, espressione di due tendenze e stili quasi opposti tra loro ma entrambi apprezzati fin da subito nel giro dei festival e dagli amanti del cinema più audace. Xavier Dolan fu un caso già all’ultimo festival di Venezia, quando un po’ tutti si accorsero di questo ragazzo con ormai 5 film sulle spalle che fin dal primo è stato accettato a Cannes e poi in tutti i festival maggiori. E’ franco-canadese (regione dalla quale recentemente emerge un ottimo cinema) e racconta storie normali piegandole con un stile liberissimo che se ne frega di qualsiasi convenzione, riuscendo comunque a comunicare tantissimo, più dei molti banali e vetusti registi classici.

Alice Rohrwacher invece l'abbiamo già descritta molto bene, qui basti dire in più che è cineasta di segno opposto rispetto a Dolan, il suo stile è molto tradizionale, in linea con quello che il cinema più autoriale ha sempre fatto (per questo si è imposta prima nel favore critico, ma non lo si intenda come un difetto), il suo esordio nel cinema di finzione, Corpo Celeste, in concorso alla Quinzaine des realisateurs di Cannes due anni fa, era una perla molto riuscita intima e universale.

Dall’altra parte dello spettro invece c’è gente che non ha bisogno di presentazioni, dai fratelli Dardenne (forse i cineasti europei più influenti emersi negli anni ‘90) a Jean-Luc Godard, che nonostante non se ne abbiano quasi mai notizie non ha smesso di fare film e stavolta ne porta uno in 3D, fino a Ken Loach, David Cronenberg, Atom Egoyan, Olivier Assayas, Tommy Lee Jones, Mike Leigh e Nuri Bilge Ceylan (occhio che dopo il successo di C’era una volta in Anatolia potremmo finalmente accorgerci anche qui in Italia di che immenso narratore per immagini sia!).

E in mezzo come si diceva un mare di promesse mancate o registi che (ancora!?!) devono dimostrare molto. Vedremo il nuovo film di Michel Hazanvicious, baciato da un successo decisamente superiore ai meriti con The Artist, oltre a quello di Bennet Miller (emerso con Truman Capote e L’arte di vincere ma poco in linea con Cannes) e quello di Andrej Zvjagincev, che nel 2003 vinse Venezia con Il ritorno ma da lì sembra essersi perso. E infine il novellino Damian Szifron che arriva ora per la prima volta al festival.

Se alla fine quindi la giuria presieduta da Jane Campion (che esplose con Un angelo alla mia tavola al Festival di Venezia del 1990, quando aveva 36 anni) dovesse orientare i premi su vecchie glorie o le due giovani promesse, probabilmente non sarà una scelta così campata in aria.

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