I 10 film più belli del 2018: al top “Chiamami col tuo nome”, “Dogman” e “Gli Incredibili 2”
Il 2018 è stato un anno ricco, intenso e pieno di pellicole assolutamente straordinarie, alcune di queste vere e proprie pietre miliari. Come ogni anno, arriva, quindi, la classifica di Fanpage.it e, in cima, non poteva non esserci il bellissimo “Chiamami col tuo nome”, di Luca Guadagnino, seguito dal mattatore degli Oscar “La forma dell'acqua – The Shape of Water”, diretto da Guillermo del Toro. Ma tra i 10 lungometraggi più belli spiccano anche “Avengers: Infinity War”, “Gli Incredibili 2” e il magnifico horror “Hereditary – Le radici del male”. Ecco, quindi, i 10 migliori film di questa sensazionale annata di cinema.
“Chiamami col tuo nome”
La straordinaria pellicola di Luca Guadagnino, adattamento per il grande schermo dell’omonimo romanzo di André Aciman, ha come protagonisti il 17enne Elio (Timothée Chalamet) un musicista che, nell’estate del 1983, s’innamorerà perdutamente dello studente americano Oliver (Armie Hammer), col quale vivrà momenti indimenticabili e travolgenti. La sceneggiatura di James Ivory ha portato a casa, meritatamente, l’Oscar ma la pellicola ha avuto altre tre nomination al Miglior film, Miglior attore (Chalamet) e Miglior canzone (“Mistery of Love” di Sufjan Stevens). Un vero trionfo per un film poetico, emozionante, tecnicamente ineccepibile e con due protagonisti al top.
"La forma dell’acqua – The Shape of Water”
Il film di Guillermo del Toro ha portato a casa gli Oscar alla Migliore scenografia, al Miglior regista e, soprattutto, quello più ambito di tutto, al Miglior film. Il regista racconta la storia di storia di Elisa (Sally Hawkins), una donna delle pulizie sordomuta che lavora in laboratorio governativo dove si stanno effettuando esperimenti su uno strano uomo pesce (Doug Jones). Da quel momento, la donna stabilirà un fortissimo legame con la creatura, andando contro l’organizzazione. Una favola nera contro ogni convenzione sociale, in perfetto stile Del Toro che è entrata già nella storia.
“Il filo nascosto”
Ne “Il filo nascosto”, Paul Thomas Anderson dirige il tre volte premio Oscar Daniel Day-Lewis, qui nei panni di Reyndols Woodcock, un famoso stilista che domina la scena della moda britannica. Tuttavia, la sua vita, pianificata e controllata, sarà stravolta dalla bella e volitiva Alma (Vicky Krieps). Il film è stato l’ultimo dell’attore prima del ritiro dalle scene e si è trattato di un commiato straordinario, dal momento che, assieme al regista, ci regala una storia d’amore non convenzionale, al di fuori dello spazio e del tempo, forte, “strana”, fatta di ostacoli da superare, fragilità ma maledettamente magnetica. I due personaggi sono legati a doppio filo e riusciranno a superare tutto, nel bene e nel male, facendo prevalere l’amore. Uno dei più grandi capolavori del regista, vincitore dell’Oscar ai Miglior costumi del fenomenale Mark Bridges.
“Roma”
Il film vincitore del Leone d’Oro al 75esimo Festival di Venezia – e candidato a 3 Golden Globe – è una lezione di cinema che tutti dovrebbero vedere. Alfonso Cuarón, al suo nono lungometraggio, ci porta nella Città del Messico, degli anni ’70, raccontando la storia della domestica Cleo (Yalitza Aparicio) e della sua collaboratrice Adela (Nancy García García). Le due lavorano per una famiglia borghese, ne quartiere Colonia Roma e Cleo va molto d’accordo con la sua (infelice) signora, Sofia (Marina de Tavira) e i suoi quattro figli, ma la loro storia va di pari passo con quella dei tumulti politici e sociali del paese, devastato da manifestazioni violente che, ad un certo punto, metteranno a dura prova la sua stessa esistenza, soprattutto a seguito di un evento infausto che la colpirà e che potrebbe mettere a repentaglio la sua stessa permanenza presso la sua amata famiglia. Il regista ha dichiarato che il film è dedicato alle donne che lo hanno cresciuto e che si sono occupate di lui durante l’infanzia ma offre anche uno spaccato molto importante della gerarchia sociale del tempo con una forza dirompente. Il fatto di aver attinto in maniera così vera e vivida dalla sua infanzia, ha fatto paragonare la pellicola addirittura ad “Amarcord” di Fellini, quindi un viaggio incredibile nella memoria che ci regala immagini ed emozioni uniche, grazie anche alla fotografia dello stesso Cuaron e Galo Olivares, alle musiche di Steven Price e alle scenografie di Eugenio Caballero. Purtroppo il film ha avuto un passaggio veloce e limitato nelle sale, ma dal 14 dicembre è disponibile su Netflix.
“Dogman”
Matteo Garrone ci ha abituati a pellicole di grande livello e qualità, ma con “Dogman” si è decisamente superato. Il pluripremiato regista romano s’ispira agli eventi del Canaro della Magliana, un atroce fatto di cronaca accaduto nel 1988, ma non intende in alcun modo ricostruirlo. Il film, infatti, racconta la storia di Marcello (Marcello Fonte), esile e mite proprietario di un negozio per cani che, dopo aver sopportato a lungo la sudditanza e le vessazioni dell’ex pugile Simoncino (Edoardo Pesce), decide di mettere in atto una terribile vendetta. Garrone ci presenta una realtà cruda e solitaria, ambientata in un posto privo di colori, in cui il protagonista sembra aver perso ogni speranza. Esplorando l’animo e le reazioni umane, il regista ci sbatte in faccia l’esplosione caratteriale del protagonista, da uomo mite a reattivo e violento per difesa, o per rivalsa. Una pellicola che ha colpito pubblico e critica e che ha portato a casa 8 Nastri d’Argento e lanciando alla grande il suo protagonista, Marcello Fonte, vincitore del Prix d’interprétation masculine al Festival di Cannes e lo European Film Award al Miglior attore.
“Avengers: Infinity War”
Quando gli Avengers irrompono al cinema non c’è nulla che tenga. Infatti, anche stavolta il film di casa Marvel, diretto dai fratelli Anthony e Joe Russo, con la battaglia dei supereroi – interpretati, tra gli altri, da Robert Downey Jr., Chris Evans, Mark Ruffalo, Chris Hemsworth, Chris Pratt, Scarlett Johansson, Benedict Cumberbatch, Tom Holland e Chadwick Boseman – contro il malvagio Thanos/Josh Brolin ha portato al cinema milioni di spettatori grazie ad un ingranaggio perfetto reso possibile dagli effetti speciali di Gerardo Aguilera, Russell Earl, Ashraf Ghoniem, Swen Gillberg, Jamie Hallett, Darren Hendler, Andrew Morley e Greg Steele; dalla fotografia di Trent Opaloch e dalle scenografie di Charles Wood. “Avengers: Infinity War” si è rivelato anche il film di maggiore incasso del 2018 con 2.048.700.000 al box office mondiale. Chapeau.
“Sulla mia pelle”
In “Sulla mia pelle”, Alessio Cremonini affronta la vicenda di Stefano Cucchi, il giovane che il 15 ottobre 2009 fu fermato dai carabinieri e trovato in possesso di alcune dosi di stupefacenti. Durante la custodia cautelare, Cucchi mostrò evidenti segni di percosse che ne debilitarono fortemente il fisico. Il ragazzo muore dopo 7 giorni e la sua storia diventò un caso giudiziario che ha scosso l’opinione pubblica. Cremonini racconta proprio quegli ultimi giorni di vita di Cucchi, interpretato da uno sconvolgente Alessandro Borghi, e della spirale in cui sarà coinvolta la sua famiglia, con sua sorella Ilaria (Jasmine Trinca), sempre in prima linea alla ricerca della verità. Crudo, più reale del reale, il film di Cremonini è impegno civile, una cronaca dei fatto che sconvolge, fa arrabbiare e lascia atterriti gli spettatori. Una vera pietra miliare, non solo del 2018, ma di tutto il nostro cinema destinata a decine di premi.
“Hereditary – Le radici del male”
L’esordio cinematografico del regista Ari Aster è sensazionale. Il suo horror “Hereditary – Le radici del male” ha come protagonista un’impressionante Toni Collette nei panni di Annie Graham, una donna che con la sua famiglia vive una vita apparentemente tranquilla. Fino a quando Ellen, la sua anziana mamma, muore e da quel momento verranno fuori una serie di segreti terrificanti che obbligherà tutti i membri della famiglia ad affrontare il tragico destino che sembrano aver ereditato da sempre. Aster parte da un’impostazione classica per imbastire poi un horror ai limiti dell’angoscia e dell’inquietudine che lo hanno portato ad essere definito “L’esorcista” dei nostri giorni. In realtà, “Hereditary” è molto di più e alzi la mano chi non ha ripensato alle scene cruciali del film – e allo sconvolgente finale – anche dopo i titoli di coda. Naturalmente, oltre alla performance da Oscar di Toni Collette (e non esageriamo), il merito va anche alla sceneggiatura scritta dallo stesso Aster, alla fotografia magistrale di Pawel Pogorzelski, alle scenografie di Grace Yun e alle musiche di Colin Stetson. Sicuramente l’horror più riuscito dell’anno.
“Gli Incredibili 2”
Era uno dei sequel più attesi di sempre e non ha deluso le aspettative, anzi. “Gli Incredibili 2”, arriva a 14 anni dal primo film e vede Helen/Elastigirl condurre una campagna per rilanciare i supereroi mentre suo marito Bob/Mr. Incredible sarà a casa con i figli Violet, Flash e il simpatico Jack-Jack. La situazione cambierà quando un nuovo criminale, chiamato l’Ipnotizzaschermi, inizierà a mettere in atto un diabolico piano. Sarà allora che la famiglia unirà le forze per sconfiggerlo, aiutata da Siberius. L’animatore Frank E. Abney III e Andrew Jimenez, creatore degli effetti speciali, hanno fatto un lavoro ancora maggiore rispetto al primo film, con l’inserimento di spassosi personaggi nuovi e scene d’azione veramente ben congegnate e adatte anche ad un pubblico più adulto. L’incredibile famiglia non perde neanche un colpo e, in attesa del terzo inevitabile capitolo, il film ha fatto botto al box office, portando a casa ben 1.242.500.000 dollari.
“Bohemian Rhapsody”
La coraggiosa impresa di Bryan Singer è riuscita alla grande, nonostante la schiera di detrattori. “Bohemian Rhapsody”, il suo biopic musicale che segue la storia dei Queen e del leader Freddie Mercury, dal 1970 fino allo storico concerto Live Aid, del 1985, al Wembley Stadium, dove il gruppo si riconfermò come uno dei più grandi in assoluto della storia della musica, ha conquistato praticamente tutti. Grazie alle performance del protagonista Rami Malek, Ben Hardy, Joseph Mazzello, Gwilym Lee, ai brani cult della band e alla fotografia di Newton Thomas Sigel, quello di Singer è diventato il biopic musicale di maggiore incasso della storia del cinema. E’ vero, ci sono delle “licenze registiche” ma se è vero che il grande cinema deve saper emozionare e calamitare l’attenzione degli spettatori dall’inizio alla fine, allora la missione è compiuta.