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Caso abusi e molestie Harvey Weinstein

Harvey Weinstein espulso dagli Oscar, l’Academy: “Finisce l’era della complicità”

Travolto dalle accuse di molestie sessuali e abusi da parte di molte attrici, il produttore non è più membro dell’Academy: una decisione senza precedenti con cui l’ente cinematografico vuole mandare un messaggio preciso.
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A cura di Valeria Morini
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Caso abusi e molestie Harvey Weinstein

L'Academy of Motion Picture Arts and Sciences, l'ente americano che assegna i premi Oscar, ha deciso di espellere Harvey Weinstein dopo il gigantesco scandalo che si è abbattuto sul potente produttore hollywoodiano. Una decisione mai vista prima, che crea un importante precedente nella più importante istituzione cinematografica statunitense. La possibilità era però già nell'aria da giorni, viste le proporzioni del caso Weinstein, con una trentina di attrici, modelle e addette ai lavori che lo hanno accusato di molestie sessuali o addirittura di veri e propri abusi. Ricordiamo che l'Academy è composta da circa 6mila membri, professionisti del cinema di nazionalità statunitense e di altre 35 nazioni che votano l'assegnazione delle statuette: a riunirsi per decidere è stato il Consiglio di Amministrazione composto da 51 membri (governatori).

Il comunicato dell'Academy

"L'Academy si è riunita oggi per discutere le accuse contro Harvey Weinstein", si legge sul comunicato ufficiale, "e ha votato ben oltre la maggioranza dei due terzi necessari per espellerlo immediatamente. Non vogliamo semplicemente discostarci da qualcuno che non merita il rispetto dei suoi colleghi, ma anche inviare un messaggio: è finita l'epoca dell'ignoranza volontaria e della vergognosa complicità con i comportamenti sessualmente aggressivi e le molestie sul posto di lavoro nel nostro settore. Abbiamo a che fare con un problema profondamente preoccupante che non ha posto nella nostra società. Il Consiglio continuerà a lavorare per stabilire norme etiche di condotta a cui tutti i membri dell'Academy si dovranno attenere". Non saranno dunque più ammesse situazioni scottanti fino ad ora "perdonate", come nel caso di personaggi come Roman Polanski e Mel Gibson. Non c'è alcun cenno, invece, all'eventualità di ritirare i premi vinti da Weinstein. Il produttore ha conquistato personalmente l'Oscar 1998 come miglior film come produttore di "Shakespeare In Love". La Miramax e successivamente la Weinstein Company hanno vinto altre statuette nella massima categoria con "Il paziente inglese", "Chicago", "Il discorso del re" e "The Artist".

Lo scandalo Weinstein

Se la decisione dell'Academy è senza precedenti, lo è – del resto – anche il ciclone che si abbattuto su Weinstein, paragonabile solo a quello che sul fronte televisivo ha investito un'icona del piccolo schermo come Bill Cosby. La sensazione è che il caso, oltre ad aver condannato il produttore all'eterno disonore, abbia scoperchiato una realtà tutt'altro che rara a Hollywood. "Tutti sapevano chi fosse Harvey Weinstein", ha dichiarato Léa Seydoux, una delle circa 30 donne che affermano di essere state molestate. Nei giorni scorsi, le accuse contro l'ex patron della Miramax (ogià licenziato ufficialmente dalla sua seconda creatura, la Weinstein Company) si sono moltiplicate: tra le denuncianti, ci sono Angelina Jolie, Gwyneth Paltrow, Rose McGowan, Cara Delevingne Ashley Judd, Rosanna Arquette, Mira Sorvino e tante altre.

Tra le vittime anche Asia Argento

In Italia, il caso ha fatto parlare soprattutto per il coinvolgimento di Asia Argento: l'attrice è tra le donne che imputano a Weinstein un vero e proprio stupro, che a suo dire si sarebbe consumato nel 1997 quando lei aveva solo 21 anni. Asia ha coinvolto nel reato anche Fabrizio Lombardo, all'epoca a capo di Miramax Italia: lo ha accusato di averla condotta nella stanza in cui rimase sola con il produttore, ma Lombardo ha negato tutto. Stupisce e sconvolge che la figlia di Dario Argento sia stata oggetto a sua volta di un grande attacco mediatico e di insulti via web, accusata di aver denunciato la violenza con "troppo" ritardo.

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