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Opinioni

Perchè “12 anni schiavo” ha molte nomination ma riceverà pochi premi

Arriva in Italia questa settimana uno dei film più nominati agli Oscar 2014: ben 9 candidature dalle quali però sembra poter portare a casa solamente pochi (ma importanti) premi.
A cura di Gabriele Niola
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Era fino a ieri un regista da circuito festivaliero, autore di opere impegnate (Hunger, sullo sciopero della fame di Bobby Sands) o film molto austeri e complessi (Shame, sulla dipendenza da sesso usata per indagare come le esigenze insopprimibili del corpo schiaccino qualsiasi volontà razionale), ma con 12 anni schiavo, in uscita questa settimana nelle sale italiane, ha ribaltato la sua nomea ed è ora il favorito nella grande corsa al premio più mainstream, gli Oscar, con ben 9 nomination e ottime possibilità di conquistare la statuetta più ambita di tutte.

Steve McQueen (nessuna parentela con l’attore defunto) ha trovato nella vera storia di Solomon Northup, l’uomo di colore libero che fu rapito e trasportato nel sud degli Stati Uniti per essere schiavo e che lottò per tornare dalla propria famiglia per un tempo già spiegato nel titolo, il viatico migliore per il cuore dell’establishment di Hollywood.
Non che lo avesse necessariamente cercato, tuttavia arrivando quasi nel medesimo anno di Django Unchained a trattate lo stesso argomento (la rimossa storia della schiavitù negli Stati Uniti) da un punto di vista afroamericano (quale Steve McQueen è) e con tutta la serietà e l’approccio “istituzionale” che Tarantino non ha mai voluto avere, McQueen ha colmato la distanza tra autoriale a commerciale, fino alla valanga di nomination.
L’impressione tuttavia è che nonostante sia così nominato non riuscirà ad essere l’assopigliatutto della serata. Troppa la concorrenza in quest’annata perché ci sia un vero vincitore e forse 12 anni schiavo può sperare davvero solo in pochi premi a fronte delle candidature.

Si Miglior Film – E’ la statuetta che con maggiore probabilità vedremo sui futuri cartelloni del film già vincitore del premio come Miglior film drammatico ai Golden Globes e trionfatore ai BAFTA, e del resto se la merita per come è stato realizzato a “forma di Oscar”, tarato sugli standard delle opere che piacciono ai giurati dell’Academy, alimentato da un contenuto di innegabile importanza.
Forse altri film potrebbero concorrere meglio per avere l’appellativo di “migliore dell’anno” ma è innegabile che nessuno nel 2013 abbia calzato il genere “film da Oscar” bene quanto quello girato da Steve McQueen.

No Miglior Attore Protagonista – Lo abbiamo già detto parlando di Dallas Buyers Club come i premi agli interpreti maschili siano probabilmente indirizzati verso il duo Matthew McConaughey/Jared Leto, e in seconda battuta per questa categoria sembra decisamente più probabile e più meritevole il Leonardo Di Caprio di The Wolf of Wall Street che Chiwetel Ejiofor.

No Miglior Attore Non Protagonista – Come sopra è Jared Leto il favorito, tuttavia Michael Fassbender è la seconda scelta e nonostante non paia avere possibilità, lo stesso sarebbe un riconoscimento atteso e auspicato da molti per quest’attore emerso da pochi anni (e proprio grazie a McQueen che l’ha rivelato con Hunger e confermato con Shame) che coniuga come pochi altri vera bravura tecnica, grande appeal commerciale e scelte poco convenzionali (tra poco uscirà il film indipendente Frank che lo vede recitare sempre con una maschera).

No Miglior Attrice Non Protagonista – Lupita Nyong’o non ha molte speranze davvero. In questa categoria solo un colpo di testa collettivo di tutta l’Academy potrebbe non premiare Jennifer Lawrence prima, la straordinaria Julia Roberts di I segreti di Osage County poi e trascurare addirittura la sempre troppo sottovalutata Sally Hawkins di Blue Jasmine.

No Miglior Regia – Avrebbe potuto fare tranquillamente incetta di premi Steve McQueen e quindi portare a casa anche quella personale di statuetta ma quest’annata è dura. Dura perché in prima linea c’è quel mostruoso lavoro tecnico fatto da Alfonso Cuaròn per Gravity e subito dietro di lui il maniacale e vorticoso Martin Scorsese.

Si Miglior Sceneggiatura non originale – Non ci sono grandi rivali se non The wolf of wall street ma pare più probabile che sarà premiato il racconto originale di Solomon Northup in cui narra la propria vera storia di uomo libero ridotto schiavo in un America senza pietà, adattato per lo schermo da John Riley, rispetto alle confessioni del diavolo della finanza Jordan Befort.

No Miglior Montaggio – In un mondo giusto il premio andrebbe a Christopher Rouse per Captain Phillips ma sappiamo che il destino degli Oscar e di non premiare sempre i più meritevoli quanto di accorpare i premi per dare più valore a quello che si è deciso essere “il film dell’anno”. Dunque tra i film più nominati mi sembra che il lavoro invisibile fatto dallo stesso Cuaròn e Mark Sanger per Gravity sia più papabile di quello più ordinario di Joe Walker per 12 anni schiavo.

No Miglior Scenografia – Sarebbe in teoria la maniloquenza del Grande Gatsby, i suoi palazzoni e le sue camerette tutti arredati da Catherine Martin e Beverly Dunn con la medesima rara mania del dettaglio e con un gusto kitsch di una coerenza impressionante, il candidato migliore al titolo. 12 anni schiavo invece lavora sul minimalismo, ambienti ridotti, arredamento scarno, molto spazio per recitare e pochi elementi di scena, difficile arrivare a premi con una simile scelta.

No Migliori Costumi – E’ davvero la categoria più combattuta perché, caso strano, quest’anno ci sono diversi film in costume e diversi film che fanno dell’abbigliamento una questione centrale nella trama e tra tutti 12 anni schiavo è forse quello che opera il lavoro più canonico. Il premio lo merita decisamente di più Micheal Wilkinson per American Hustle il quale, più di Il grande Gatsby o The grandmaster, usa i costumi per collaborare al senso generale del film. Ma se guardiamo all’albo d’oro di questa statuetta spesso si è preferito lo sfarzo della ricostruzione alla minuzia del lavoro di messa in scena, quindi è più probabile vinca Il grande Gatsby.

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