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Opinioni

Quand’è che abbiamo smesso di innamorarci al cinema?

Per S. Valentino invece delle solite commedie romantiche a lieto fine arrivano solo film “revisionisti” sull’amore. Ottimo per l’emancipazione femminile, ma forse ci stiamo perdendo qualcosa.
A cura di Gabriele Niola
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Per fortuna il cinema si sta accorgendo sempre di più che le donne sono più di quello che il cinema mostra, lo abbiamo raccontato per quanto riguarda i grandi blockbuster ma è sempre più vero anche per i film romantici. È infatti parte di un più grande movimento di riscoperta della donna anche la sua liberazione dal ruolo di maniaca del matrimonio, vittima delle storie d’amore o inguaribile sognatrice di finali necessariamente matrimoniali. Nel mondo del cinema è davvero una piccola rivoluzione, sia di costume che di linguaggio: un tipo di ruolo (la ragazza innamorata) e un genere (più che altro la commedia sentimentale) si evolvono verso la complessità, allargando il campo dei propri significati. Le ragazze possono finalmente essere tutto, possono voler stare sole, non hanno bisogno per forza di un uomo accanto per sentirsi realizzate e sono finalmente in grado anche al cinema di “salvarsi” da sole dai guai che le trame dei film prevedono per loro (addirittura i cartoni Disney come Rapunzel o Frozen lo dimostrano).

Purtroppo in questi ultimi anni si sta imponendo l’altro eccesso, cioè la voglia di qualsiasi produttore di riempire le proprie commedie con personaggi tutti uguali e tutti anticonvenzionali. Nessuno vuole più girare film romantici tradizionali, tutti vogliono essere moderni, con il risultato di avere nelle sale solo storie a scarso tasso di romanticismo. Il massimo lo si raggiunge questo S. Valentino. Nel momento dell’anno in cui solitamente le sale si riempiono di film a tema (tendenza che commercialmente ha sempre funzionato), troviamo solo due film di genere romantico e nessuno dei due risponde ad un’idea realmente “romantica”, anzi entrambi distruggono i presupposti canonici cui siamo abituati.

‘Perfetti sconosciuti' per l'Italia, ‘Single ma non troppo' per l'America

Da una parte c’è Perfetti Sconosciuti, scritto e diretto da Paolo Genovese, che con i due Immaturi o Tutta colpa di Freud stava diventando una garanzia di dolcezza mentre in questo caso, sebbene abbia realizzato il suo film migliore, invece che costruire l’amore ne distrugge l’idea preconcetta. Con un cast ottimo, ben nutrito e, incredibile a dirsi, tutto in stato di grazia, il film racconta di 7 amici (3 coppie e un single) che si incontrano a cena e per gioco decidono che per tutto il tempo leggeranno ad alta voce ogni messaggio ricevuto e risponderanno ad ogni telefonata in vivavoce. Come immaginabile il risultato è una serie di svelamenti e segreti esposti che mina sia l’amicizia che le relazioni dei 7, massacrando la solidità che coppia che sembravano esibire. Valerio Mastandrea e Anna Foglietta, Marco Giallini con Kasia Smutniak, Edoardo Leo con Alba Rohrwacher abbattono ogni possibile sogno legato alla solidità dell’amore in un ottimo film da camera, tutto in una notte, che di certo non rinsalda la fiducia nei sentimenti.

Dall’altra parte esce, l’alternativa per un pubblico più giovane ancora è Single ma non troppo, che si presenta come la più tipica e scontata delle commedie romantiche americane, ambientata a New York, ma non lo è. Dakota Johnson, Alison Brie e Rebel Wilson sono le single più o meno in cerca d’amore, solo che quando tutto sembra convolare nella solita direzione e anche il tono sognante, divertente e soffice promette il più tipico dei finali, questo non arriva, almeno non per tutte. Un film simile, fino a solo qualche anno fa, non poteva che finire con l’arrivo, la scoperta o il trionfo di un amore perfetto e auspicato, l’incontro con l’anima gemella, mentre ora celebra la gioia del rimanere single, la bellezza del non dover essere ossessionate dalla ricerca di un compagno e la capacità di saper godere della propria autonomia. Libera di gestire se stessa ed emancipata da un ragazzo da cui dipendeva anche per impostare la tv, una delle protagoniste chiude il film nella maniera più positiva celebrando il proprio status di single. Qualcosa di non troppo diverso da quanto visto in Italia solo qualche anno fa con Viaggio Sola di Maria Sole Tognazzi.

Resta ‘Orgoglio e pregiudizio', ma in versione zombie

E non che andando a guardare i film usciti la settimana scorsa, quindi ancora in sala a S. Valentino, la situazione migliori. L’unico vagamente in tema è Pride + prejudice + zombies, ovvero l’adattamento del romanticissimo Orgoglio e pregiudizio che in più ha però un’invasione zombie per combattere la quale le sorelle Benneth si sono allenate nelle arti marziali orientali. Prima di conquistare Darcy e altri uomini, le donne menano i morti viventi. Nulla di meno ortodosso.

Anche per questo viene da chiedersi , quello che non vale la pena sacrificare del tutto nella più che giusta evoluzione verso figure femminili che al cinema rispettino la complessità delle controparti reali. Film di uno struggente tradizionalismo come Love story affiorano solo di quando in quando e ancora macinano successi, è capitato ultimamente con Colpa delle stelle, segno che com’è logico l’esigenza di un amore idealizzato e romantico ancora c’è. Forse bisogna solo attendere che nella mente dei produttori passi l’idea che questa dell’emancipazione femminile sia una moda da cavalcare il più possibile finchè dura, e maturi invece il pensiero che si possono avere entrambe le cose: donne forti, intelligenti, autonome che amano anche sognare un lieto fine romantico.

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